2024: IL SESSANTESIMO PELLEGRINAGGIO IN ADAMELLO

Di Giancelso Agazzi

 

26-27 luglio: si parte per la cima del Vioz e la Punta Linke

 

Nei giorni 26 e 27 luglio 2024 si è svolto il 60° Pellegrinaggio in Adamello, organizzato dalla Sezione ANA di Trento. Vi ho partecipato facendo parte della Colonna 3, costituita da una trentina di Alpini, che ha avuto come meta la cima del Vioz e la Punta Linke a quota 3629 metri, una delle postazioni austro-ungariche più alte e più significative sul piano logistico dell’intero fronte della Guerra Bianca. La Colonna è partita presto dal Dos dei Cembri (2300 metri) la mattina del 26 luglio ed è salita lungo il sentiero che porta al rifugio Mantova, posto sotto la cima del Vioz a 3535 metri, su un piccolo ripiano roccioso, ai piedi della cresta che porta alla panoramica vetta del Vioz. Il rifugio si trova nell’alta val di Pejo, all’interno del Parco Nazionale dello Stelvio, nel gruppo dell’Ortler-Cevedale.

 

Un omaggio alle donne militarizzate

 

Il Pellegrinaggio è stato dedicato alle Portatrici del Vioz e dell’Adamello, figure di donne militarizzate, ormai dimenticate, che hanno prestato la loro opera nel corso della Guerra Bianca, percorrendo, cariche, impervi sentieri di montagna anche d’inverno, in condizioni assai difficili. Nel corso della guerra le donne vennero impiegate in servizi di lavanderia, cucina, negli ospedali e anche per la manutenzione delle strade, dal momento che mariti, figli e padri si trovavano al fronte. Nelle valli coinvolte dal conflitto, le donne venivano reclutate anche per la costruzione di trincee e di baracche, per la consegna della posta e per i vettovagliamenti. Il loro duro lavoro pare non sia mai stato svolto e, quindi, non è stato riconosciuto con medaglie, né testimoniato nei libri. Erano vere e proprie soldatesse che si sono impegnate in entrambi gli schieramenti sia italiano sia austro-ungarico.

 

La strada verso la Vioz Hütte

 

Lasciata la strada sterrata abbiamo imboccato il sentiero che sale lungo un promontorio costellato di giovani larici. La via venne tracciata nel 1911 per raggiungere la Vioz Hütte, il più alto rifugio delle Alpi Orientali che era stato costruito poco sotto la vetta del Vioz dal Club Alpino di Halle (Germania) a 3535 metri di quota. Più in alto, lungo il crinale il cammino si snoda lungo il versante orientale dei fianchi rocciosi della montagna. Di fronte, lontano all’orizzonte, si scorgevano il massiccio dell’Adamello e la Presanella. Più a Est il profilo delle Dolomiti di Brenta. La giornata era bella, ma, con il passare delle ore alcune nebbie salivano, nascondendo in parte le vette intorno. Arrivato a una bocchetta, il gruppo si è fermato per riposare e per dare uno sguardo sulle montagne circostanti e, più in basso, verso la vallata.

 

Il rifugio sede del comando austro-ungarico

 

 Ripreso il cammino, dopo i lunghi traversi del sentiero attraverso i tratti rocciosi della montagna, siamo giunti al rifugio che, ai tempi della Guerra Bianca, fu sede del comando autro-ungarico di settore. La nebbia andava e veniva, dando poca possibilità di ammirare il panorama. Nel rifugio sono conservati alcuni cimeli della guerra tra i quali un elmetto austro-ungarico che è stato trovato sulla cima del Vioz. Dopo il pranzo, siamo saliti sulla vetta del Vioz e, poi, lungo il ghiacciaio, abbiamo raggiunto la Punta Linke. Non è stato possibile visitare il piccolo museo a causa della neve che lo ricopriva.

Lungo il percorso abbiamo incrociato alcuni escursionisti che stavano ritornando al rifugio. Le nebbie continuavano, intanto, a diradarsi a tratti, aprendo scorci sulle vette di Punta San Matteo e del Tresero con i loro ghiacciai.

 

Punta Linke

 

Punta Linke, nel gruppo Ortler–Cevedale, con i suoi 3632 metri di altitudine, durante la Grande Guerra fu una delle postazioni austro-ungariche più alte e più significative sul piano logistico dell’intero fronte. Rappresentava un punto nevralgico nel settore Ortler-Cevedale. Dotata di un doppio impianto teleferico, realizzato nel 1917, era collegata da una parte al fondovalle da Cogolo (1160 metri), attraverso l’anticima Ovest del Vioz, e dall’altra al “Coston delle barache brusade” (3300 metri) verso il Palon de la Mare, nel cuore del ghiacciaio dei Forni, non lontano dalle postazioni italiane situate lungo il crinale. Nel 1915, con l’inizio delle ostilità tra Impero austro-ungarico e Italia, il rifugio fu posto sotto controllo militare, diventando un comando tattico avanzato di alta quota con il ruolo di coordinare le operazioni del settore Vioz-Ròsole e i rifornimenti provenienti dal fondovalle.

 

La galleria di ghiaccio


A Punta Linke la stazione di transito per la teleferica era stata costruita all’interno di una galleria fatta di ghiaccio. Un’altra galleria era stata scavata nella roccia e nel permafrost (terreno perennemente ghiacciato), per permettere di attraversare il crinale della montagna protetti. All’interno della baracca in legno erano ospitati il motore di trazione della teleferica e l’officina meccanica. All’esterno erano stati costruiti altri baraccamenti e sul pianoro a Nord del crinale della cima venne piazzata una batteria d’artiglieria.

 

Il sistema di apprestamenti intatto

 

Con la fine della guerra, Punta Linke venne abbandonata dalle truppe che vi erano di stanza, ma un ingente quantità di materiale rimase sul terreno e il ghiaccio e le particolari condizioni atmosferiche hanno conservato l’intero sistema di apprestamenti allo stato originale fino ai giorni nostri.

Grazie ai recenti interventi di recupero volti a preservare l’integrità del sito, è stato possibile raccogliere testimonianze straordinarie riguardanti l’esperienza della guerra in alta montagna, restituendole al pubblico attraverso un eccezionale allestimento museale in quota.

 

Il Museo “Pejo 1914-1918. La guerra sulla porta”

 

Nell’estate del 2007 è nata una collaborazione tra gli archeologi e restauratori della Soprintendenza e il Museo “Pejo 1914-1918. La guerra sulla porta”. Sono stati organizzati interventi congiunti di ricerca, documentazione e recupero su siti d’alta montagna nel territorio di Pejo (Piz Giumela 3593 metri, Punta Cadini 3524 metri e Punta Linke 3629 metri).

Le attività di ricerca, di recupero e di restauro delle strutture e dei reperti di Punta Linke sono iniziate nell’estate 2009. A causa delle particolari condizioni ambientali, le campagne di scavo sono state condotte nei mesi estivi e hanno comportato l’utilizzo di strumenti poco invasivi, come i diffusori di calore, associati ad attrezzi leggeri adatti allo scavo in ghiaccio.

Il motore rinvenuto

 

L’intervento di ricerca archeologica ha portato alla completa restituzione della baracca, all’interno della quale è stato riposizionato il motore diesel di fabbricazione tedesca, rinvenuto smontato all’interno del tunnel. È stata liberata la galleria e sono state messe in luce le strutture originali di apprestamento minerario oltre a molti altri materiali, come un carrello della teleferica in disuso.

I materiali mobili

 

All’esterno delle strutture sono stati rinvenuti materiali mobili: strumenti da lavoro, rotoli di filo spinato, materiale per la teleferica, scudi, elmetti, un mastello per i crauti.
Di particolare interesse sono un centinaio di copriscarponi in paglia di segale, fabbricati con una tecnica tradizionale, che venivano indossati dai soldati durante le attività di guardia. La suola dei copriscarponi era costituita talvolta da piccole tavolette di legno; una di queste portava il timbro del Kriegsgefangenenlager (campo di concentramento per prigionieri di guerra) di Kleinmünchen, presso Linz in Austria. Su altre suole erano scritti alcuni nomi (Antonio, Januk) che dovevano corrispondere agli utilizzatori degli scarponi.

Le indagini e le attività di consolidamento si sono protratte fino all’estate 2014. Ai lavori di restauro e di messa in sicurezza delle strutture hanno prestato la propria opera anche le guide alpine del Trentino.
L’alto coefficiente di deperibilità dei reperti che escono dal ghiaccio, soprattutto di quelli realizzati in materiale organico, ha reso necessario un tempestivo intervento di prima conservazione in loco condotto dai restauratori dei laboratori della Soprintendenza.
Al fine di ricostruire la storia geomorfologica, paleo-ambientale e dello sviluppo glaciale del sito, insieme agli archeologi della Provincia autonoma di Trento e di SAP Società archeologica di Mantova ha lavorato una equipe di glaciologi provenienti dalle Università di Pisa, Roma, Milano-Bicocca e Padova.

Il documentario dei ricordi

 

Durante le varie fasi di indagine sul sito sono state effettuate riprese cinematografiche che hanno portato alla realizzazione del documentario “Punta Linke. La memoria del regista Paolo Chiodarelli.

 

 

Una volta rientrati al rifugio Mantova vi abbiamo trascorso la notte.

 

Passaggio di testimone con benedizione

 

Sabato mattina presto siamo partiti per scendere alla stazione di arrivo della funivia Pejo 3000, dove sono confluite tutte le colonne e dove monsignor Giuseppe Filippi ha celebrato la messa in ricordo di tutti i caduti, italiani e austro-ungarici. Hanno, poi, preso la parola il generale Michele Risi, neocomandante delle Truppe Alpine, il generale Alessio Cavicchioli, comandante del Centro Addestramento Alpino di Aosta, la senatrice Isabella Rauti, sottosegretario alla Difesa, il sindaco di Pejo Angelo Dalpez, il presidente generale dell’ANA Sebastiano Favero, il presidente dell’ANA di Trento Paolo Frizzi.

Alla fine della cerimonia vi è stata la benedizione e, come espressione della continuità tra generazioni, la consegna del cappello alpino ai 170 volontari in ferma iniziale nel corso “Monte Marrone II”, del centro di addestramento alpino di Aosta.

 

Parte delle informazioni riportate sono state tratte dal materiale messo a disposizione del Museo “Pejo 1914-1918.La guerra sulla porta”. Ai curatori va il mio grazie