Radici

 

Un sapore che viene da lontano quello che provo ogni volta che mi trovo vicino al lago di Iseo. È un richiamo che mi attira in modo istintivo. Il richiamo delle origini. Origini lontane, che si perdono nel tempo, ma solide e forti. Quando i miei antenati erano approdati a Riva di Solto venendo dalla sponda opposta del lago, da Sale Marasino nel Seicento. Quando ritorno vivo sempre con grande piacere i ricordi ormai lontani, ma molto vivi della gioventù. Un ricordo austero, come erano i miei parenti, ma intenso. In quei luoghi, infatti, ho trascorso alcuni momenti dell’infanzia. Riva di Solto negli anni ’50 era una terra arida, remota, povera, i cui abitanti erano costretti ad emigrare altrove per trovare un lavoro. Solo la parte in riva al lago era vivibile. Ora il territorio è cosparso di abitazioni, non come allora. A quei tempi esistevano soltanto alcuni borghi. Mi ricordo la casa che mio nonno aveva costruito prima di morire e che nessuno, poi, aveva voluto. C’erano molti ulivi e, in fondo, a oriente, la proprietà terminava con delle pareti di roccia a picco sul lago. Prima di arrivarci si incontrava una piccola stalla (“ol stalet”, come veniva chiamato dai contadini) con delle piante di fico, dove era facile incontrare qualche beccafico, appunto e dove mio cugino Guido andava talvolta a caccia. L’acqua tirata su dal lago con una pompa. D’estate faceva un bel caldo. Vi trascorrevamo alcuni periodi a fine estate. Mio nonno l’aveva fatta costruire con passione, ma non aveva fatto in tempo a goderla. Vi avevamo trascorso alcune ore anche a Pasqua, quando la famiglia si riuniva secondo una vecchia consuetudine. Al pian terreno della casa vi era l’abitazione del mezzadro e accanto vi era una vasca che raccoglieva l’acqua per irrigare la campagna. Mio nonno vi aveva fatto costruire una stalla all’aperto, una novità per quei tempi, qualcosa davvero all’avanguardia. Il luogo era un’oasi di pace, lontano da ogni rumore, con una vista incredibile su tutto il lago d’Iseo. In certe ore del giorno si udivano i clacson dei camion che passavano nelle gallerie lungo la sponda bresciana del lago.Talvolta vi ci andavo con i miei nonni in qualche pomeriggio assolato. La strada era sterrata, stretta e polverosa. Da Pian Gaiano, lasciando sulla sinistra il piccolo laghetto paludoso, si saliva fino a Solto Collina, per, poi, scendere a Zorzino e Gargarino, due borghi a metà strada tra Solto Collina e Riva di Solto. A metà strada si incontrava una tribulina con l’immagine della Madonna. Mitici  i viaggi con la seicento azzurra di mio nonno. Io e mia madre seduti sui sedili posteriori dell’auto nei pomeriggi assolati d’estate. Vi si saliva per vedere i lavori della casa in costruzione, per vedere il lavoro del mezzadro e per portare a casa un po’ di frutta e di verdura. Non mancava la visita al cimitero dove sono sepolti molti dei membri della famiglia Camplani.  È in una posizione incantevole, dove regna il silenzio, su di una spianata che guarda verso il lago. Il padre del mezzadro, ormai anziano, viveva con la moglie a Gargarino. Mio nonno lo andava a trovare. Ambedue avevano combattuto nella Grande Guerra. A Gargarino vi era pure l’abitazione dei cugini di Genova e di Brescia. Un’abitazione che risale a molti anni fa con annesso un orto e un uliveto. Nella casa di Gargarino vi abitarono Nicola Camplani con la moglie Clarina Bonfanti. Nicola morì nel 1914. Fu magistrato a Chiavari e in altre sedi.

Sulla “Guida del Lago d’Iseo” scritta del dr. Bernardo Sina si legge tra le altre cose che “Al Colletto e in Pendice si trovano le uccellande dei Signori Camplani, allegri giovinotti, che lassù a quelle altezze, vi sanno improvvisare un concertino suonando ciascuno egregiamente più d’uno strumento musicale”.

Presso il roccolo di Pendes, di proprietà di Nicola Camplani, si trovava questo scritto: “Pendice! Io ti proclamo simbolo d’amore, di poesia e di pace. Nel tuo silenzio ritrovi puri gli spiriti buoni di coloro che ti amarono e che intesero Dio nel tuo divino silenzio.

Pace! “ Achille Camplani.

Nel guardare una vecchia foto della famiglia di oltre cent’anni scattata presso il roccolo del Colletto, mi sovvengo della mia famiglia.

Vi sono ritratti la zia Clarina Bonfanti, moglie di Nicola Camplani (seduto sull’erba con il cappello e la pipa), Vittorio Camplani (avvocato e pittore di Iseo), disteso sull’erba, poi, Maria Camplani, moglie di Giovanni Camplani i cui figli furono Bruno (medico a Iseo), Bigino (avvocato) e morto nel 1942, Battista (mio bisnonno) e Elena (che abitava a Iseo).

Nella foto con quattro personaggi, scattata da Nino Camplani nel gennaio del 1903 sono ritratti Vittorio Camplani, medico, che sposò Sofia Goltara, Giovanni Camplani, il più vecchio, morto nel 1906, Nicola, magistrato al Tribunale di Chiavari, e Battista Camplani (mio bisnonno) che sposò Erminia Farinati, farmacista. Stavano tutti a Riva di Solto. Bigino fu avvocato e lavorò a Milano dove conobbe un ragazzo che gli fece conoscere la  futura moglie, una ragazza di nome Gina Brughera di Genova. Si trasferì a Genova dove esercitò per anni la professione di avvocato. Bigino amò molto il roccolo del Colletto, in quanto cacciatore e la casa di Gargarino, dove abitò. Alla morte di Giovanni Bruno venne seguito da Vittorio, medico, e Bigino da Nicola, magistrato.

I roccoli di Pendes, ora quasi scomparsi, sono situati su una dorsale che domina  la valle di Fonteno.

Furono di proprietà di un cugino di mio nonno Bruno Camplani, medico di famiglia a Iseo, a Monticelli e a Ome in provincia di Brescia. Si era sposato a quarant'anni. Sua moglie era molto più giovane, di circa vent'anni. Era stato ufficiale medico nel corso della Grande Guerra e, poi, richiamato alle armi nella Seconda Guerra Mondiale, fu fatto prigioniero e mandato in campo di concentramento in Germania. Ebbe due figlie Marilena e

Da questa posizione si gode di una magnifica vista sulla testata del lago di Iseo, in particolare Castro, Lovere, Pisogne. Più lontano si scorgono l'Adamello e il Tredenus e molte vette della Val Camonica. Si vede anche la corna dei Trenta Passi sul versante orientale del lago d'Iseo. E' un luogo incantevole, posto in mezzo al silenzio. Le piante dei due roccoli erano rappresentate da faggi e da alcuni agrifogli. Uno dei due caselli era ricoperto da dei faggi molto vecchi. L'unico dei Camplani appassionato di caccia fu Nicola, il più giovane giudice d'Italia a quei tempi. Si sposò abbastanza su di età con una donna molto più giovane di lui.

Un tempo erano frequentati d'estate dai cugini. La moglie di Bruno, Irene, controllava l'ora in base ai passaggi sul lago dei battelli che lo attraversavano a una data ora. Non c'era l'elettricità e vi si saliva da Fonteno in circa due ore di cammino. A messa andavano a Parzanica, dove si comperava anche il pane. Per il trasporto dei materiali veniva utilizzato un mulo che partiva carico da Fonteno. Accanto ai due roccoli esisteva una cascina con quattro stanze, ora completamente crollata. D'estate salivano alcuni contadini da Parzanica che portavano al pascolo alcuni vitelli. Nicola Camplani era l'unico della famiglia appassionato cacciatore. Anche Achille Camplani, fratello di mio nonno Mario, frequentava e amava quel posto tranquillo sulle montagne. Di lui si ricorda una frase che benedice quel posto scritta, allora, all'interno della cascina. Ai quei tempi non esistevano le strade e ci si doveva muovere a piedi, lungo sentieri o mulattiere. Partivano da Solto Collina, raggiungendo in circa un'ora Xino e, poi, Fonteno. Da lì scendevano in fondo alla valle per, poi, risalire, in circa due ore fino a Pendes. Portavano zaini pesanti. Il resto di ciò che serviva lassù veniva portato da un mulo che veniva noleggiato. I cugini si fermavano in quell'ameno posto per circa quindici giorni d'estate. Vicino al roccolo vi era una cascina, con stalla, con delle stanze ed una piccola cucina. Si dormiva su rami di pino che fungevano da materasso.