La vipera del Valletto

Incontri

G.C. Agazzi

Ero un ragazzino di circa otto anni ed ero solito accompagnare mio padre , o meglio era lui che mi portava con sé sulle montagne Bergamasche e non solo. Quel giorno, era l’estate del 1958 , ci eravamo diretti nella valle di Ornica. Mio padre frequentava spesso quelle zone della Val Brembana e , quindi, le conosceva molto bene. Eravamo partiti presto con l’intento di raggiungere la cima del Valletto, una cima rocciosa che si trova sulla testata della Valsalmurano.
Dapprima saliti nel bosco, avevamo raggiunto le propaggini della montagna meta della nostra escursione. Fuori dal bosco si saliva su pendii abbastanza ripidi fin sotto i contrafforti del Valletto. Ero solo un bambino, ma mi piaceva già da allora camminare in montagna. Prima di raggiungere la rocciosa cima del Valletto si dovevano percorrere pendii erbosi e tratti di ghiaione, esposti a Sud. E fu nel risalire lungo un pascolo ripido che la vidi : si crogiolava al sole, aveva la testa triangolare e le pupille simili a fessure. Il suo colore era del tutto simile a quello della roccia, cosicché solo un osservatore attento avrebbe potuto smascherare la sua capacità mimetica. E io lo ero. Rimasi immobile, non avrei saputo dire se paralizzato dalla paura o ipnotizzato dal fascino del rettile. Era la prima volta che vedevo una vipera. Ne avevo, però, sentito parlare molto come di un mostro feroce, di un predatore spietato in grado di uccidere. Quasi senza più respiro avvertii insieme al battito accelerato del mio cuore nitidamente un sibilo: la vipera mi stava minacciando ? Ero quasi sicuro che fosse così, solo anni e anni dopo avrei scoperto che le vipere sono timide, temono l’uomo e sibilano per difendersi e non per attaccare.
Io e la vipera stavamo di fronte e tutto intorno a me era fermo, cristallizzato: sentii il passo di mio padre avvicinarsi e, finalmente, riuscii a distogliere lo sguardo dal rettile. Mi guardai intorno. Il mondo aveva ripreso a girare ed era scesa una nebbia leggera.
“Era una vipera, vero ?” chiese mio padre. Deglutii annuendo. Lui mi prese per mano e, senza dire nulla, ricominciò a salire, tenendosi accanto.
Più avanti colsi una stella alpina, poi, un’altra e un’altra, erano bellissime. Era la prima volta che vedevo questo fiore.