Montagnaterapia contro la dipendenza

G.C. Agazzi

 


Mercoledì 22 luglio 2020 Roberta Sabbion, psichiatra, direttore del Dipartimento Dipendenze dell’ASFO (Azienda Sanitaria Friuli Occidentale) di Pordenone, e vicepresidente della Società Italiana di Montagnaterapia, ha tenuto una videoconferenza dal titolo “Montagnaterapia e Neuroscienze”. La montagnaterapia é uno strumento con validità dal punto di vista scientifico per migliorare la vita di un individuo. Che andar per monti faccia bene in generale è cosa nota, ma perché la montagna possa offrire strumenti per raggiungere obiettivi chiari, condivisi e misurabili ci vuole un lavoro aggiuntivo sia in termini di comprensione sia in termini di attività. Le conoscenze che abbiamo acquisito attraverso gli studi delle neuroscienze ci aiutano a capire meglio come offrire attività con potenziale terapeutico riabilitativo a persone con disabilità sia fisica sia psichica, o con disturbi legati a una dipendenza (addiction). La dipendenza è la condizione nella quale una persona sente prepotentemente il desiderio di assumere una sostanza o un comportamento pur nella consapevolezza di mettere a repentaglio salute, affetti e nei casi estremi la propria vita. La montagnaterapia, mediante l’utilizzo di escursioni o di scalate, può costituire un valido strumento pedagogico nel percorso terapeutico di persone affette da problemi di dipendenza.

Un’attività in ambiente sia per il sano che per il meno sano è utile a mantenere la funzione del cervello. Serve nel gestire e regolare gli stati emotivi e le situazioni di abuso di sostanze e le dipendenze da queste ultime. Il solo movimento è in grado di produrre benefici effetti psicologici. Due sono i meccanismi in gioco: la neuroplasticità, che regola le funzioni cognitive ed esecutive, e il sistema cerebrale del piacere. La neuroplasticità può favorire un certo recupero anche nel caso di lesioni cerebrali organiche gravi. Il cervello è costituito da neuroni, i quali processano e trasmettono le informazioni tramite segnali elettrici e chimici. Ci sono circa 86 milioni di neuroni nel cervello umano. Le sinapsi sono piccoli spazi tra i neuroni che permettono il passaggio delle informazioni da un neurone all’altro. La produzione dei neuroni inizia durante la terza settimana di vita ad un ritmo di 250.000 neuroni al minuto fino alla nascita. In passato si pensava che i neuroni non si riproducessero dopo i primi anni di vita. Attualmente le nuove ricerche hanno dimostrato che la neurogenesi si verifica per tutta la durata della vita: nel 1999, studi condotti all’Istituto Salk di San Diego, hanno scoperto come il cervello produca neuroni fino ai 72 anni.

L’esercizio fisico influenza e migliora la neuroplasticità, ovvero la capacità del cervello di modificarsi grazie alle interazioni con l’ambiente esterno e alle esperienze maturate in senso lato nel bene e nel male.

 L’esercizio influenza e migliora la neuroplasticità, ovvero la capacità del cervello di modificarsi grazie alle interazioni con l’ambiente esterno. Il cervello è un organo dinamico, modificabile, plastico sia da un punto di vista strutturale che funzionale. Molti studi hanno rivolto la loro attenzione al processo di neurogenesi che costituisce il meccanismo attraverso il quale vengono generati nuovi neuroni in età adulta grazie all’influenza di fattori come l’esperienza, l’apprendimento, l’esercizio fisico e mentale.

I fattori di crescita sono in grado di far aumentare i muscoli e di incrementare la vascolarizzazione.

La reazione da stress si adatta alle varie situazioni e, se di grado basso, può essere un fattore positivo nel quotidiano. Il cervello viene alterato dal punto di vista emotivo. Vengono liberate dopamina e adrenalina. Uno studio condotto dai ricercatori dell’Università della California a Berkeley mette in luce proprio come lo stress acuto, di breve durata e non cronico, stimola il cervello per migliorare le prestazioni.
Insieme alla collega Elizabeth Kirby, la professoressa Kaufer ha sperimentato gli effetti dello stress su modello animale, scoprendo che brevi, ma significativi eventi stressanti causavano la proliferazione di cellule staminali in nuove cellule nervose nel cervello. Dopo due settimane, poi, miglioravano le prestazioni mentali.
«Ritengo che eventi stressanti intermittenti siano probabilmente in grado di mantenere il cervello più vigile. Si eseguono meglio i compiti quando si è attenti», ha aggiunto Kaufer.

Uno stress troppo alto e prolungato, invece, si rivela nocivo per la sfera psico-fisica, anche favorendo una dipendenza. In più, si rivela tossico per i neuroni. L’attività fisica rappresenta uno dei modi più efficaci per contrastare lo stress cronico.

Il piacere favorisce la liberazione di trasmettitori come la dopamina. Questo neurotrasmettitore si trova in diverse regioni del cervello che regolano il movimento, la motivazione, le emozioni e la sensazione di piacere. Ogni volta che ci si emoziona per ricordare qualcosa ci si trova nell’area del piacere, il motore della nostra vita. Tre sono le caratteristiche necessarie a rimanere nell’area del piacere: in ogni stato alterato (diverso) della coscienza, quando si pensa a qualcosa che genera un’emozione e quando si ha la possibilità di scegliere. Il piacere ha un inizio e una fine. La dipendenza è una patologia del piacere. Ogni volta che ci si emoziona per ricordare qualcosa, ci si trova nell’area del piacere. Tutto ciò che procura piacere evolve necessariamente verso il dovere e la dipendenza. Il dovere è inteso come il dover far qualcosa per divertirsi. Esistono dipendenze sane, come quella tra madre e neonato e patologiche.

Ogni esperienza che crea piacere libera dopamina, che attiva i neuroni. Più questi ultimi vengono attivati, più una cosa ci piace e più si attivano i collegamenti. L’esercizio fisico libera dopamina solo se ci si trova in un’area di piacere, altrimenti lo stress aumenta e si esce dall’area del piacere. La dopamina favorisce la liberazione di endorfine e di endocannabinoidi. Altro fattore importante è la liberazione di GABA (acido gamma-amminobutirrico), una molecola naturale antistress, neurotrasmettitore o neuromediatore, presente in grande quantità nel cervello, prodotto dall’esercizio fisico. Ha un’azione di tipo ansiolitico, ha effetti positivi sul comportamento e sugli stati emotivi, come ostilità, rabbia e aggressività. Occorre generare salute e rielaborare ciò che si è vissuto. Ecco il beneficio della montagnaterapia anche nel campo delle tossicodipendenze e non solo. Esistono dipendenze di tipo comportamentale, come quelle derivanti dal lavoro, dal sesso, dal gioco d’azzardo (anche on line), dal telefono cellulare, da televisione, da shopping, da Internet. La svolta può essere data dal fare attività fisica, anche in montagna, uscendo dall’identità in cui la patologia ha imprigionato. L’ambiente avvicina alla parte più vera, mediante la rielaborazione dell’esperienza. Alla fine di ogni uscita è utile rielaborare e rivivere ciò che si è vissuto. È molto importante conoscere bene le persone con cui si esce.

 Camminare favorisce la ricostruzione e la rielaborazione delle persone interessate da una dipendenza qualsiasi. Si verificano momenti di condivisione della fatica e della meta. Chi cammina con le persone deve rivedere tutte le fasi dell’uscita. Occorrono capacità di ascolto e di confronto, fasi ed evoluzioni del cambiamento. La ritmicità della camminata produce connessioni in un cervello predisposto ad accettarla. La fotografia e la scrittura, affrontate contestualmente, aiutano il lavoro di formazione, il rivedersi e il confrontarsi. Occorre muoversi in gruppo. “È più importante la promozione della salute rispetto alla prevenzione. Sopravvive la specie che meglio si adatta al cambiamento”. Così, la dottoressa Roberta Sabion.