LE PRIME VOLTE SUL KARAKORUM

Giancelso Agazzi

 

 

Martedì 13 marzo 2024 alle ore 18,30 si è tenuta presso la Sala degli Stemmi del Museo della Montagna di Torino una conferenza dal titolo “Le prime esplorazioni alpinistiche del Karakorum” a cura dello storico Stefano Morosini e di Roberto Scala, socio della SUCAI (Stazione Universitaria del Club Alpino Italiano) e della Società Storica della Guerra Bianca.

Stefano Morosini ha iniziato la sua relazione parlando di Roberto Lerco, alpinista valdostano nato a metà dell’Ottocento, di cui poco altro si sa se non che fosse imparentato con la importante famiglia Vincent, proprietaria di miniere. Lerco ha organizzato una spedizione esplorativa in Karakorum nel 1890 e, prima di questa, era stato nel Caucaso, salendo le vette dell’Elbruz (5633 metri) e del Kazbek (5043 metri). Della spedizione in Karakorum si parla in un bollettino del CAI del 1888. Lerco fu il primo a portarsi ai piedi del K2, tentandone la salita lungo il versante Sud-Est, quello che verrà, poi, chiamato Sperone degli Abruzzi. Di lui è conservato presso il Museo della Montagna di Torino un trofeo di caccia, le corna di uno stambecco, da lui abbattuto il 31 luglio del 1890 sullo Skoro La. Il tentativo di salita al K2 è fallito a causa delle valanghe. Nel corso della spedizione Lerco venne accompagnato dalla guida alpina svizzera Matthias Zurbriggen (1856-1917), uno dei più conosciuti alpinisti del XIX secolo, avendo scalato alcune delle più alte montagne della terra, dalla Alpi all’Himalaya. Si recò anche in America del Sud, dove salì sull’Aconcagua (6962 metri) e in Nuova Zelanda. Era figlio di un ciabattino e visse a Macugnaga. Parlava inglese, tedesco, francese e italiano. Nel 1892 Zurbriggen accompagnò l’alpinista William Martin Conway in Karakorum dove raggiunse la vetta del Pioneer Peak (6790 metri).

 

L’intrepida Fanny Bullok (e suo marito)

 

Fanny Bullok e William Workmann furono viaggiatori coraggiosi e appassionati. Nel 1899 si recarono in Karakorum accompagnati da Zurbriggen. Si spostarono in modo avventuroso servendosi anche della bicicletta. Fanny stabilì diversi record femminili di altezza accompagnata da guide alpine valdostane (1899, 1903, 1908, 1911, 1912).

Nel 1909 Luigi Amedeo di Savoia, Duca degli Abruzzi, con il medico Filippo De Filippi (1869-1938), organizzò una spedizione scientifica in Karakorum per lo studio della geologia, della geografia e della fisiologia. Alla spedizione partecipò anche il fotografo Vittorio Sella. Venne effettuato un tentativo di salita al K2 fino a 6200 metri di quota lungo lo sperone degli Abruzzi, ritenuto fin d’allora la via di salita più sicura. La spedizione si diresse successivamente verso il Chocolisa (Bride Peak) (7450 metri) giungendo poco lontano dalla vetta della montagna, stabilendo un record di altezza a livello internazionale.

Negli anni 1913 e 1914 Filippo De Filippi, medico e cronista, organizzò una nuova spedizione della durata di 17 mesi in Baltistan e Turkestan Cinese, che venne interrotta dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale. La spedizione dovette rientrare in Italia in nave in modo avventuroso, passando dall’Oceano Pacifico e dal Canale di Suez. De Filippi era l’uomo di fiducia del Duca degli Abruzzi. La spedizione venne finanziata dal governo Giolitti.

 

La ricognizione attorno al K2

 

Aimone di Savoia, Duca di Spoleto, organizzò nel 1929 una spedizione in Karakorum. Il regime fascista voleva sostenere due spedizioni: una per raggiungere il Polo Nord (spedizione di Umberto Nobile) e una per conquistare una cima di 8000 metri. La tragedia del dirigibile Italia il 25 maggio 1928 bloccò il progetto. Molte furono le polemiche. Tra il maggio e l’ottobre del 1928 fu organizzata una spedizione alla quale presero parte Aimone di Savoia, Umberto Balestreri e Mario Cugia. La spedizione ebbe solo una finalità scientifica e sarebbe servita per decidere la logistica e per studiare il K2 in funzione di una prossima spedizione italiana.

Tra i tentativi di salita del K2 vi fu quello degli Inglesi nel 1937. Anche gli Americani tentarono, nel 1939, senza riuscirci, limitandosi a raggiungere la quota di 8300 metri. Nel luglio del 1953 la sfortunata spedizione diretta dal medico e alpinista americano Charles Houston raggiunse la quota di 7800 metri.

Nel 1953 il governo pakistano concesse all’Italia il permesso per salire il K2. Fu un evento ritenuto epocale. Nel 1953 Ardito Desio e Riccardo Cassin effettuarono una spedizione esplorativa nella zona del K2. Nel mese di giugno 1953 il presidente pakistano venne a Roma e fu accolto da Alcide De Gasperi, allora capo del governo. L’Italia volle organizzare la spedizione al K2 con l’intento di riscattare la drammatica esperienza della Seconda Guerra Mondiale. Nell’estate del 1953 il geologo Ardito Desio effettuò una esplorazione nella valle di Cutia, dove un ghiacciaio aveva fatto registrare un avanzamento di 10 chilometri, mettendo in pericolo la popolazione della valle. Desio effettuò uno studio sul rischio geologico, stendendo una relazione. Concluse che la zona era sicura. Gli architetti italiani, tra i quali Giovanni Ponti, detto Gio, furono presenti in Pakistan per costruire una grande diga. L’ingegneria italiana era di grande supporto a quel tempo in Pakistan.

Si pensò di organizzare la spedizione italiana al K2 nel 1954, dalla quale Riccardo Cassin venne clamorosamente escluso in seguito alla valutazione clinica effettuata dai fisiologi italiani. Cassin ebbe modo di rifarsi nel corso delle spedizioni al Gasherbrim IV nel 1958, al Mac Kinley nel 1961 e al Lotse nel 1975. In seguito alla conquista italiana del K2, Houston si complimentò con Desio.

Roberto Scala è, poi, intervenuto per parlare della partecipazione di Umberto Balestreri alla spedizione geografica in Karakorum nel 1929. Balestreri, nato a Brescia nel 1889 da una famiglia di origine piemontese, fu secondo genito di tre: Maria (1892-1916), morta di tisi e Demetrio (1887-1937).

Laureatosi nel 1913 in giurisprudenza a Torino, appassionato alpinista, realizzò numerose salite nelle Alpi Cozie, Graie, Pennine, nel gruppo del Monte Bianco, nelle Alpi Giulie. Nel 1918 aprì alcune vie sulle montagne della Valle Camonica. Per lui “bisognava toccare sempre una vetta per dare un nome a una giornata”, come affermato dall’amico Erminio Piantanida.

Balestreri venne mandato in Libia negli anni 1911-1912 (Tripolitania e Cirenaica). Partecipò alla Prima Guerra Mondiale in qualità di ufficiale degli Alpini. Fu sul fronte delle Alpi Giulie, sullo Stelvio, sull’Adamello, sullo Zugna, sul Monte Grappa, sul Lagazuoi e sul Piave. Venne congedato nel marzo del 1919. Nel 1921 si sposò con Giuseppina Rovidotti dalla quale ebbe una figlia, Maria Luisa (1922-2011). A lei dedicò una via in Valpelline. Intraprese la carriera di magistrato. Nel 1923, a 34 anni, fu nominato giudice presso il Tribunale di Torino, il più giovane magistrato d’Italia a quel tempo. Nel 1910 entrò a far parte della SUCAI (Stazione Universitaria del Club Alpino Italiano). Nel 1920 divenne segretario generale del CAI, e, poi, nel 1930, venne nominato membro e presidente del CAAI (Club Alpino Accademico Italiano). Fu un capofila naturale e indiscusso oltre che un valido fotografo. Balestreri prese parte alla spedizione di ricognizione in Karakorum tra i mesi di maggio e ottobre del 1928, nell’ambito della quale venne nominato capo-carovana. Il 10 agosto del 1928 Balestreri raggiunse in solitaria la vetta del Cheri Chor (5450 metri), nella catena montuosa del Kailas, nel Baltistan: la descrizione di questa salita è riportata nell’annuario del CAAI (1927-1931). La spedizione si fermò ad Askole.

 Ernesto Belloni, allora podestà di Milano, propose di organizzare, in occasione del decimo anniversario della vittoria italiana della Grande Guerra, una spedizione artica, guidata da Umberto Nobile alla conquista del Polo Nord e un’altra in Karakorum. In seguito alla tragica conclusione della spedizione di Umberto Nobile e alle numerose polemiche insorte, Mussolini non fu in grado di garantire un supporto finanziario.

 

In tanti a supporto di una spedizione scientifica

 

Venne, allora, promosso un comitato finanziatore della spedizione, comprendente la Società Geografica Italiana, il Club Alpino Italiano, oltre a banche, aziende, privati cittadini e giornali. La spedizione dovette rinunciare alla parte alpinistica e alla proposta di supporto aereo logistico e fotografico da parte della Regia Aeronautica. Ebbe come finalità l’aumentare le conoscenze scientifiche nel Karakorum, con particolare interesse per i ghiacciai. Nel 1929 Balestreri prese parte alla seconda spedizione esplorativa in Karakorum che ebbe l’obiettivo di completare la conoscenza geografica della zona del K2. La spedizione venne guidata da Aimone di Savoia, Duca di Spoleto, nipote del Duca degli Abruzzi. Molti i partecipanti all’impresa: Mario Cugia, vice-capo spedizione, Ardito Desio, geologo, Giuseppe Chiardola, alpinista, Ludovico di Caporiacco, zoologo, Gino Allegri, medico, Angelo Anfossi, radiotelegrafista, Leone Bron ed Evaristo Croux, guide alpine, Massimo Terzano, documentarista. Balestreri ha redatto note manoscritte molto dettagliate e realizzato 60 lastre stereoscopiche (13X6 centimetri). Le foto, abbastanza ben conservate, recano didascalie originali. Presso la Fondazione Sella di Biella sono conservate circa 600 fotografie scattate da Balestreri nel corso delle due viaggi in Karakorum, 300 delle quali in buono stato di conservazione. L’itinerario è illustrato con carte topografiche in scala 1:75000. Della spedizione fecero parte sei esploratori e 47 portatori, chiamati Coolies, con carichi di 25-30 chilogrammi ciascuno. Alcuni tra i partecipanti utilizzarono gli sci. Il 7 giugno 1929 venne raggiunto il passo Mustagh (5422 metri) e successivamente si arrivò fino al Karpho Gang, che è la Cima del Ghiacciaio Bianco, secondo la lingua baltì (5931 metri). La spedizione raggiunse la zona dei Gasherbrum, effettuando il periplo settentrionale del K2 (Est, Nord-Est e pezzo di Ovest), senza riuscire a completarlo. Dovette attraversare il groviglio delle guglie del ghiacciaio dei Gasherbrum, il cui attraversamento richiese dieci ore di cammino. A causa del pericolo di distacco di valanghe e della scarsità dei viveri, il 23 giugno solo Balestreri e Desio decisero di continuare l’esplorazione con otto portatori, risalendo la valle dello Shaksgam. Posero un ometto di pietre su un cucuzzolo nel massimo punto raggiunto a 4970 metri di quota sul lato sinistro della morena del ghiacciaio Kyagar, dove giunse nel 1926 la spedizione inglese guidata dal maggiore Mason. Non fu possibile continuare l’esplorazione a causa dei difficoltosi guadi dei torrenti incontrati. La piccola carovana rientrò in dieci giorni al deposito avanzato di Moni Bransa, dopo aver fatto rilievi sul ghiacciaio Sarpo Laggo. Balestreri e Desio compirono un’esplorazione che ebbe una durata di 40 giorni. Il 29 luglio 1929 Balestreri scrisse un rapporto per SAR il Duca di Spoleto, nonostante i dissidi esistenti tra i due. Balestreri rientrò in Italia prima di tutti gli altri. Nel 1963 la zona meta della spedizione è stata ceduta dal Pakistan alla Cina.

Balestreri morì tragicamente il giorno di Pasqua, il 16 aprile 1934, in seguito alla caduta in un crepaccio sul ghiacciaio del Morteratsch in Engadina. In suo ricordo venne costruito un bivacco al Col des Cors a 3142 metri di quota lungo il crestone dei Cors, sul versante orientale delle Grandes Murailles. A lui venne intitolata anche una punta sulle montagne della Groenlandia.