I fantasmi del lago della Vacca

Nel silenzio della montagna si possono fare incontri misteriosi

 

È accaduto in una luminosa giornata di luglio che mi venisse il desiderio di arrivare fin lassù, di rivedere quei posti. Sono salito fino al Passo di Valle Fredda e, poi, ho attraversato fin sotto il Passo del Frerone, verso cui, poi, sono salito per affacciarmi sulle Foppe di Braone. Un vento mi ha accolto, lieve, leggiadro, ristoratore. Loro, i miei parenti che abitano nel passato, nella mia storia, mi seguivano con il loro vissuto, i loro baffoni, i vestiti dell’epoca. Con la loro presenza. Erano lì ad aspettarmi, curiosi. Non li vedevo, li sentivo. Salivo solo su quei pendii, in mezzo ai rododendri rossi di fiori, e loro c’erano. Di fronte a me la mole del Cornone di Blumone, imponente, avvolto in parte dalle nebbie. Sono ridisceso fino alla vecchia mulattiera che porta al Passo della Vacca e ho visto, appena prima del lago, il grande sasso che ha la sagoma di un bovino modellata nell’enorme sasso che resiste al passare del tempo, del tutto ignaro di costituire un’attrazione. Ho continuato il cammino fino al lago e, poi, sono salito più in alto per circa un’ora, lungo pendii scoscesi e macereti instabili. Ho raggiunto un colle sopra il lago. Di fronte a me la val Paghera con il Badile Camuno, il Laione, il Listino, oltre il passo della Rossola e della Monoccola e la val di Fumo. Una conca bellissima che si perde fin giù in basso, in Val Paghera. Più sotto il lago della Vacca con le sue acque blu e le isole di roccia affioranti. La diga è stata costruita nel 1929. In quei luoghi i miei antenati hanno cacciato per anni, salendo dal rifugio Gheza, distante un’ora e mezza di strada circa. Mi sono seduto su una lastra di granito per godermi l’immenso spettacolo e cercando di ricordare cose che mi erano state vagamente dette quando ero ragazzo. I racconti di mia nonna e di mio padre. Ora vorrei conoscere quei miei prozii Cecco, Alessandro e Guido, che ho visto solo su qualche vecchia sbiadita fotografia dell’epoca, con le scarpe con i chiodi, le fasce e con degli abiti quasi da città, accanto ai loro accompagnatori camuni. Per quanto io sappia con la razionalità  questo mio desiderio non potrà essere esaudito, vivo con la speranza che si possa realizzare. Tante sono le cose che vorrei chiedere. Quando ero ragazzo non sentivo questa esigenza, ora sì. Solo uno ne ho conosciuto, Guido, ma mi piacerebbe incontrarli tutti, e, forse, proprio quel giorno, un po’ stava accadendo. In questo tempo di emergenza sanitaria dovuta al Covid-19, capisco il dolore di Cecco e Guido, rimasti entrambi vedovi a causa della terribile pandemia di spagnola. Vennero in questi luoghi così solitari e suggestivi per trovare conforto al dolore. Allora non capivo, ora capisco. Allora tutto mi sembrava lontano e impossibile, ora ho toccato con mano una parte di quella triste realtà che ci ha colpito. Oltre a questo forte dispiacere, loro portavano anche i segni della Grande Guerra che li aveva feriti. Qui trovavano un po’ di sollievo, più vicini al cielo e alle sorgenti di acqua. Mi sarebbe piaciuto ascoltare i loro discorsi, simili, forse a quelli che la gente sta facendo ora, in momenti difficili come i loro. Ascolto in silenzio il rumore del vento e il fischio delle marmotte, osservo lo scorrere delle nubi e le nebbie all’orizzonte e sento la loro discreta e impalpabile presenza. Anche loro forse avrebbero qualcosa da dirmi. Pur non conoscendoci, abbiamo condiviso le stesse passioni e visitato gli stessi luoghi. Dopo esser stato in silenzio per un po’, sono ridisceso al lago della Vacca, stando sotto il Passo di Blumone, immerso in intensi momenti di silenzio e di ricordo. Più sopra alcune casermette diroccate mi hanno indicato i segni della guerra. Loro mi hanno accompagnato in silenzio fino al passo di Valle Fredda, per far ritorno alla montagna di cui sono diventati custodi. Arrivederci, ho pensato. Con le serene luci della sera e con l’aria che si era fatta più fresca, e i colori più vividi, ho fatto ritorno al rifugio Tassara, presso il Passo di Crocedomini, da dove ero partito circa otto ore prima.