I segreti della Val Grande

un racconto che parla dell'attravesrsata della Val Grande

G.C. Agazzi

Sono le sei del mattino di un caldo giorno di fine giugno e sto risalendo , in compagnia di Cesare, mio vecchio compagno di caccia e di montagna, lungo i verdi e ripidi pendii della Val Grande. Abbiamo lasciato l’ auto sopra l’ alpe Lut ,dopo di aver superato gli abitati di Premosello e di Colloro . Il sole poco alla volta illumina le cime sovrastanti. Cesare ha passato la sua gioventù presso l’alpe la Motta e così ripassa sui luoghi a lui molto cari, dove ancora vivono alcuni dei personaggi con i quali ha trascorso piacevoli momenti in tempi ormai lontani, quarant’ anni fa e forse più . Qui andava a caccia con suo padre e trascorreva le estati nelle baite ,giocando nei fienili con altri ragazzi della sua età , quando la Val Grande era davvero un luogo selvaggio e difficile da raggiungere . Vi si cacciavano i galli forcelli e le coturnici. I camosci erano, negli anni ’60 e ’70 , rari da incontrare, mentre, ora, popolano numerosi l’ intera area della Val Grande . Cesare trascorreva con il padre e gli amici i giorni di autunno in una baita dell’ alpe . 
Saliamo in mezzo ad un bosco fitto e molto verde, costituito in basso da castagni, e , più in alto da faggi. In lontananza, dietro le baite in pietra dell’ alpe Colla, ci appare la mole del monte Rosa con le sue punte e la ripida parete Est, illuminata dai primi raggi del sole . Più in basso, la valle d’ Ossola è ancora in ombra . Si scorge anche la sagoma del monte Camino . Si sale , si parla , o si sta in silenzio, ammirando le meraviglie della natura ed ascoltando gli armoniosi suoni della natura . Cesare mi mostra un ripido canalone di roccia di fronte a noi, dove alcuni anni orsono , un suo amico è caduto , mentre trasportava a valle un camoscio ; nessuno lo ha potuto soccorrere in un ambiente tanto impervio, e così , dopo una notte trascorsa incastrato tra le rocce, è morto dissanguato a causa di un emorragia interna. Cesare mi mostra un anfratto nella roccia dove ricorda che una donna vi aveva partorito un figlio ; allora si usava così .
A mano a mano che si sale scorgiamo le cime che ci sovrastano. Non siamo molto in alto, ma il paesaggio è severo . Dopo un’ora e mezzo di cammino il piccolo sentiero che ci porta in alto esce dal bosco ed entriamo in mezzo ad una prateria cosparsa di rododendri , di betulle e di ontani sparsi qua e là . E’ un tipico habitat per il gallo forcello . Su più in alto, a sinistra vicino alle rocce, un camoscio sta pascolando e, ad un tratto, accortosi della nostra presenza, alza la testa ed incomincia a scappare , sospettoso , dirigendosi verso degli impervi canali di roccia . Un altro camoscio compare e si allontana , disturbato dalla nostra presenza. Due cuculi si inseguono e si involano tra i rami di alcuni ontani . Alla nostra sinistra , salendo , l’ alpe Stavelli e , più in alto, il passo dell’ Usciolo. Nell’anno 1014 un documento esistente racconta che la Val Grande era ricoperta da “ selve incolte “ al di là della Colma di Premosello ; tra il X° ed il XII ° secolo la valle cambia , invece, aspetto, i boschi vengono tagliati e la valle viene trasformata dall’ opera dell’ uomo in pascoli con numerosi alpi e maggenghi , popolati dal bestiame ; la pastorizia continua fino alla metà del ‘900 . In circa due ore raggiungiamo la Colma, a circa 1726 metri di quota, dove troviamo un bel rifugio ed un alpeggio, con alcune pecore. Si notano i resti di una teleferica che, nel secolo scorso serviva per trasportare il legname proveniente dall’ interno della Val Grande. Sopra di noi la “ Cima 24 “ , così chiamata perché vicina al 24° pilone della teleferica . La vista da qui è incantevole potendo spingere il nostro sguardo anche in direzione Est , verso il cuore della Val Grande. Mangiamo qualcosa, scattiamo alcune foto e, poi, via di nuovo, in discesa verso l’ alpe Serena . La valle che percorriamo, ora, in discesa , è molto verde . Incontriamo alcuni camosci che pascolano tranquilli ; uno, in particolare, è un vecchio con un solo corno ; ci divertiamo ad osservarlo con il cannocchiale ad un centinaio di metri mentre mangia l’erba tra alcuni cespugli di ontanelli . Più in alto due aquile giocano, descrivendo acrobatiche evoluzioni nel cielo . Questi i segreti della Val Grande . In prossimità dell’ alpe Serena, una piccola vipera ci taglia timida la strada su di un prato andandosi a nascondere rapida in un buco . Questa valle è chiamata anche la “ valle delle vipere “ dal momento che si tratta di un rettili qui abbastanza comuni ; in effetti il clima caldo d’ estate , l’isolamento, la presenza di tanta acqua , nonché le pietraie rappresentano l’habitat ideale della vipera . Qui alcune leggende parlano della presenza di un animale leggendario, il basilisco, che si diceva in passato, vivesse in questa valle misteriosa ed isolata . L’ alpe Serena è un agglomerato di baite in pietra, ormai quasi tutte crollate, ed invase dalle ortiche e da altre piante infestanti . Qui, più di quaratant’anni fa i pastori salivano a “ caricare “ l’ alpe con il loro bestiame , come mi ricorda Cesare . Sulla destra orografica si erge la punta Proman . Intorno a noi praterie di rododendri in fiore .
Si scende ancora e di nuovo si incontra un bosco molto fitto che, per fortuna, ci pone al riparo dai caldi raggi del sole . Raggiungiamo ed attraversiamo il fiume che solca la valle , dove Cesare veniva a pescare le trote fario prima che la zona divenisse parco. Ci troviamo nella Val Gabbio ed effettuiamo una breve sosta presso l’ alpe Val Gabbio , ora trasformata in rifugio , posta in una bella radura in mezzo ad un fitto bosco . Tra i tristi ricordi della Val Grande non va dimenticata la Resistenza con tutte le sue storie . Nella valle si rifugiarono numerosi partigiani nel corso della Seconda Guerra Mondiale ; nel giugno del 1944 ebbe luogo un grande rastrellamento , che ebbe come conclusione la fucilazione di numerosi partigiani , 17 dei quali fucilati a Pogallo, dove una lapide ricorda l’ eccidio da parte dei Nazifascisti .
Si riparte in direzione Est. Più sopra si diparte la valle Fredda con le sue impenetrabili foreste . Camminiamo sempre in mezzo ad una fitta foresta di faggi, dove il sole non riesce a penetrare e dove si odono i canti di svariati uccelli : capinere, fringuelli, merli, codirossi, cuculi, scriccioli, pettirossi e tanti altri ; fa caldo, ma una brezza leggera ci rinfresca piacevolmente . Si attraversa il fiume su di un massiccio ponte di legno, dal quale scorgiamo nell’ acqua del torrente alcune trote che nuotano in mezzo alla corrente ed ogni tanto salgono in superficie per mangiare gli insetti che si trovano sul pelo dell’ acqua . Dopo circa un’ ora e mezza siamo all’ alpe La Piana , dove troviamo la caserma della Guardia Forestale ed alcune baite ben ristrutturate , dove ci imbattiamo in cinque escursionisti della Val Vigezzo, che intendono trascorrere il fine settimana in questo luogo ameno ; ci offrono da bere . Si parla del più del meno . Nel frattempo un camoscio, uscito dal bosco, entra nel prato antistante il gruppo di baite e si mette a brucare l’ erba del pascolo incurante della nostra presenza .Trascorsa un ‘ oretta , ripartiamo . Si attraversa il fiume, dove nuotano alcune trote , su di un esile ponte , sospeso sul fiume con dei fili metallici e si incomincia a salire verso La Balma . Si sale in un fitto bosco di faggi e , di tanto in tanto, dei ruscelli che scendono lungo i fianchi della montagna, offrono un piacevole refrigerio alla pesante calura della giornata . Finalmente si giunge al piano della Balma, dove osserviamo numerosi camosci, alcuni dei quali sdraiati su delle chiazze di neve. Incontriamo un amico di Cesare che scende dall’ alto per riprendere le sue vacche di razza piemontese , che sono scese fino a qui allontanandosi dall’ alpe Scaredi . Lo aiutiamo a raccogliere le vacche ed a farle salire verso il passo, situato circa duecento metri più in alto. Quattro chiacchiere con Cesare per ricordare il passato e gli amici comuni . Più in alto la cima della Laurasca . Raggiungiamo in circa trenta minuti l’ alpe Scaredi , che si trova su di un colle che mette in comunicazione la Val Grande con la Valle Vigezzo . Scorgiamo ancora alcuni camosci ed incontriamo alcuni escursionisti che vanno in senso opposto al nostro . In un’ ora e mezzo siamo sul fondo valle , dove ci aspetta Matteo, il figlio di Cesare .