La Medicina di Montagna oggi,
tra passato e futuro

Giancelso Agazzi

Mi occupo di medicina di montagna da ormai da quasi trent’anni. E’ sempre stata una mia passione e così posso dire di averla vista crescere negli anni. Si tratta di una disciplina di nicchia, che in pochi conoscono, ma che ha dato, credo, un certo aiuto agli appassionati della montagna. La medicina di montagna è nata grazie all’interesse di alcuni ricercatori o per il lavoro delle varie commissioni mediche del CAI (centrale e periferiche). Poi, è nata la Società Italiana di Medicina di Montagna, di cui faccio parte, e che ho contribuito a fondare con altri colleghi. Merita ricordare il lavoro svolto degli ambulatori di medicina di montagna (Aosta, Tione di Trento) che si occupano di tutti coloro che vanno in montagna e desiderano ricevere consigli o effettuare visite mediche che possano dare indicazioni sulle proprie capacità fisiche nell’affrontare l’ambiente alpino montagna, compreso il test in ipossia. La medicina di montagna è nata anche grazie al contributo di illustri fisiologi, Angelo Mosso tra i primi a studiare il male acuto di montagna o Rodolfo Margaria, o Paolo Cerretelli, o Giuseppe Miserocchi, primi padri in Italia della medicina di montagna, o di molti altri specialisti che si occupano di ipossia, ovvero di quella condizione legata alla diminuzione dell’ossigeno che si verifica all’organismo umano, andando in alta quota. Ma un grande contributo è stato dato anche dai vari team di soccorso in montagna che operano nel mondo. Il CNSAS che opera nel nostro territorio, o altre istituzioni o associazioni che si occupano di soccorso in montagna, quali la Rega (Guardia Aerea di soccorso in montagna), o il GRIMM (Group d'Intervention Médicale en Montagne)  per esempio in Svizzera. Fondamentale il lavoro svolto da istituzioni quali l’EURAC di Bolzano, diretta da Hermann Brugger, una delle cui sezioni  ospita ricercatori che si occupano esclusivamente di medicina di emergenza in montagna. In questo campo Brugger, in collaborazione con la Regione Alto Adige e con il governo nepalese  ha realizzato progetti di formazione per medici, soccorritori e guide  nepalesi. Grazie al lavoro di questi esperti sono stati realizzati studi statistici o creati dei registri che si occupano di raccogliere dati per esempio sui traumi in montagna, sui congelamenti o sull’ipotermia. Alcuni funzionano già, altri stanno per essere realizzati o sono da poco stati creati. Pure la Commissione Medica della CISA-IKAR ha dato e continua dare un notevole contributo circa le linee-guida o le procedure da seguire nel soccorso in montagna, occupandosi anche di ricerca. Anche dal punto di vista didattico sono sorti alcuni corsi di diploma in medicina di montagna, come per esempio quello organizzato dall’università di Padova, o dall’università di Bobigny a Parigi o dall’università di Grenoble. Ultimo nato, ma prestigioso, il master di secondo livello di medicina di montagna, istituito dall’Università dell’Insubria di Varese, che comprende un indirizzo di soccorso in montagna e una parte di base, diretto da Luigi Festi. Oltre a tutto ciò, vengono organizzati convegni nazionali o internazionali che si occupano di medicina o di soccorso in montagna, giusto per aggiornare tutti coloro che si occupano di medicina di montagna. Alla fine del mese di luglio 2016 verrà, per esempio, organizzato a Telluride in Colorado (USA), il Congresso Internazionale di medicina di montagna. Oltre le commissioni mediche del CAI è operativa la commissione medica dell’UIAA, che pure elabora documenti o stila linee-guida. Negli ultimi dieci anni la montagnaterapia ha trovato un collocazione importante nel campo della medicina di montagna. Codesta disciplina si occupa dei pazienti con handicap, soprattutto la malattia mentale, che trovano nella montagna un importante aiuto ai loro problemi. Merita ricordare il progetto che sta andando avanti presso l’ospedale Papa Giovanni XXIII° a Bergamo con i trapiantati di organo che frequentano la montagna, o il progetto che va avanti da circa dieci anni messo a punto da Giuseppe Masera presso l’ospedale S. Gerardo di Monza che prevede l’accompagnamento di bambini leucemici sulle montagne della Val Camonica. La montagnaterapia ha una sua applicazione anche nel campo delle tossicodipendenze. Nell’ambito della patologie croniche la medicina di montagna ha dato un notevole apporto. I diabetici, i cardiopatici, gli asmatici o gli ipertesi possono frequentare la montagna purché in compenso, sempre su indicazione di specialisti competenti in grado di valutare ogni singolo paziente. Studi scientifici realizzati nel corso di  spedizioni extra-europee o nei laboratori in alta quota  hanno portato a delle applicazioni nel campo della cardiologia o dell’oncologia. Va ricordato il convegno “Hypoxia” che ogni due anni viene organizzato a Lake Louise (Alberta) in Canada e che vede riuniti scienziati di tutto il mondo che si occupano di ipossia, ovvero di tutti quei problemi causati dalla carenza di ossigeno  in alta quota.