Montagnaterapia vs  dipendenza

 

Alla base di un’addiction c’è sempre un cronicizzarsi della reazione da stress. La montagnaterapia può aiutare a sciogliere il nodo

 

Mercoledì 22 luglio 2020 Roberta Sabbion, psichiatra, direttore del Dipartimento Dipendenze dell’ASFO (Azienda Sanitaria Friuli Occidentale) di Pordenone, e presidente della Società Italiana di Montagnaterapia, ha tenuto una videoconferenza dal titolo “Montagnaterapia e Neuroscienze”. Che andar per monti faccia bene in generale è cosa nota, ma perché la montagna possa offrire strumenti per raggiungere obiettivi chiari, condivisi e misurabili ci vuole un lavoro aggiuntivo sia in termini di comprensione sia in termini di attività. Le conoscenze che abbiamo acquisito attraverso gli studi delle neuroscienze ci aiutano a capire meglio come offrire attività con potenziale terapeutico riabilitativo a persone con disabilità sia fisica sia psichica, o con disturbi legati a una dipendenza (addiction). La dipendenza è la condizione nella quale una persona sente prepotentemente il desiderio di assumere una sostanza o un comportamento pur nella consapevolezza di mettere a repentaglio salute, affetti e, nei casi estremi, la vita. La montagnaterapia, mediante l’utilizzo, per esempio di escursioni o di scalate, può costituire un valido strumento pedagogico nel percorso terapeutico di persone affette da problemi di dipendenza.

Un’attività in ambiente è utile a mantenere la funzione del cervello per tutti, incluse le persone con dipendenza. In particolare, serve a gestire e controllare gli stati emotivi che spingono all’abuso di sostanze. Il solo movimento è in grado di produrre effetti benefici sulla psiche. Due sono i meccanismi che entrano in gioco durante l’attività fisica: la neuroplasticità, che regola le funzioni cognitive ed esecutive, e il sistema del piacere. In particolare, l’esercizio fisico influenza e migliora la

capacità del cervello di modificarsi grazie alle interazioni con l’ambiente esterno e alle esperienze vissute nel bene e nel male.

Il cervello è un organo dinamico, modificabile, plastico da un punto di vista sia strutturale sia funzionale. Per quanto riguarda la relazione tra montagnaterapia (ovvero esercizio fisico svolto all'aperto) e dipendenza è verosimile che i benefici siano legati anche all'allentamento dello stress garantito dal movimento. Lo stress prolungato, infatti, è corresponsabile della condizione di fragilità emotiva che suggerisce il ricorso alle sostanze d'abuso. Questo vale, comunque, solo per la reazione da stress cronicizzata, che non diminuisce mai.

 «Ritengo che eventi stressanti intermittenti siano probabilmente in grado di mantenere il cervello più vigile. Si eseguono meglio i compiti quando si è attenti», ha aggiunto la dottoressa Kaufer.

In realtà, quindi, è lo stress troppo intenso e prolungato a rivelarsi nocivo per la sfera psico-fisica, a favorire una dipendenza. L’attività fisica rappresenta uno dei modi più efficaci per contrastare lo stress cronico, a maggior ragione se affrontata immersi nella natura, dove l’aria è meno inquinata e i panorami sono un nutrimento per lo spirito.

Il piacere, compreso quello che può essere indotto dalla frequentazione della montagna, favorisce la liberazione di neuromediatori come la dopamina. Questo ormone si trova in diverse regioni del cervello che regolano la motivazione, le emozioni e la sensazione di piacere. La dopamina favorisce la liberazione di endorfine e di endocannabinoidi. Altro fattore importante è la liberazione di GABA (acido gamma-amminobutirrico), una molecola naturale antistress, neurotrasmettitore, presente in grande quantità nel cervello, prodotto dall’esercizio fisico. Ha un’azione di tipo ansiolitico, ha effetti positivi sul comportamento e sugli stati emotivi, come ostilità, rabbia e aggressività. Ogni volta che ci si emoziona rincorrendo un ricordo positivo, ci si trova nell’area del piacere, il motore della nostra vita. Il piacere ha un inizio e una fine e la dipendenza è la patologia del piacere che comporta un continuo sorgere e risorgere del desiderio, che tende a non estinguersi mai. Esistono dipendenze sane, come quella tra madre e neonato, e patologiche come quelle da gioco d’azzardo e da sostanze d’abuso. L’esercizio fisico libera dopamina solo se ci si trova in un’area di piacere, altrimenti lo stress aumenta e si esce dall’area del piacere. Ecco il beneficio della montagnaterapia anche nel campo delle tossicodipendenze e non solo. Esistono dipendenze di tipo comportamentale, come quelle derivanti dal lavoro, dal sesso, dal gioco d’azzardo (anche on line), dal telefono cellulare, da televisione, da shopping, da Internet. La svolta può essere data dal fare attività fisica, anche in montagna, uscendo dall’identità in cui la patologia ha imprigionato. L’ambiente avvicina alla parte più vera, mediante la rielaborazione dell’esperienza. Alla fine di ogni uscita è utile rielaborare e rivivere ciò che si è vissuto. È molto importante conoscere bene le persone con cui si affronta un’escursione, essere in sintonia con il loro sentire: solo così l’esperienza e la fatica condivise possono acquisire un valore terapeutico significativo.  

Per rendere l’escursione un’occasione favorevole al controllo della dipendenza sarebbe necessario che tutti gli attori fossero capaci di ascolto, nonché aperti al confronto e al cambiamento. Il

ritmo armonico della camminata è comunque destinato a stimolare il cervello, se quest’ultimo è predisposto a riceverne il beneficio. La fotografia e la scrittura, affrontate contestualmente, possono aiutare il lavoro di formazione, incoraggiando a confrontarsi, invogliando a rivedersi. “Gli effetti benefici della montagna si esplicano, oltre che per le dipendenze, anche per tutte quelle situazioni psichiche alimentate  dall’esposizione allo stress cronico”. Così la dottoressa Roberta Sabbion.