Congresso di Briançon

29 settembre-1 ottobre 2022

 

 

 

Dal 29 settembre al 1 ottobre 2022 si è svolto a Briançon, in Francia, il Congresso dell’Association Nationale des Médecins et des Sauveteurs en Montagne. Tema del convegno l’importanza del fattore umano nel soccorso in montagna.

Prima relatrice Marion Trousselard, dell’Unité de Neurophysiologie du Stress (NPS), dell’Institut de Recherche Bioedicale des Armées, che ha parlato di “Petite histoire de stress: apports de la psychologie et des neurosciences pour la gestion du stress dans le professions à risque”. Lo stress costituisce una funzione di adattamento fisiologica, psicologica e comportamentale, una reazione dell’organismo a determinate situazioni dette stressor. Tra i fattori stressanti: caldo, freddo, vibrazioni, privazione di sonno, alterazioni dei ritmi biologici, sovraccarico mentale ed emozionale. Uno stressor può trovarsi all’interno dell’organismo oppure essere esterno. Una situazione è stressante quando il cervello la interpreta come una minaccia per l’incolumità psico-fisica.

Esistono una fase di allarme (sistema simpatico, adrenalina, risposta rapida), una di resistenza o di adattamento (sistema endocrino, cortisolo, risposta aggiustata) e una fase di recupero (sistema parasimpatico, sonno). Queste vie rappresentano il legame tra cervello e corpo, permettendo all’organismo di reagire in modo coordinato. La neuropercezione è una percezione incosciente da parte del sistema nervoso autonomo dei diversi segnali di pericolo e di sicurezza sia al nostro interno che all’esterno. Ogni individuo ha un proprio livello di resilienza a fronte di uno stress. Esiste una catena adattativa: percezione, interpretazione, comprensione, pianificazione/progettazione, decisione, azione. L’uomo è un decisore razionale, ma la sua razionalità è limitata. La decisione umana è influenzata da prospettive implicitamente adottate e si appoggia alle scorciatoie che il pensiero adotta per trovare soluzioni al problema contingente.

È seguito l’intervento di Nicolas Aschettino, meccanico di bordo e vericellista del Commandement des Forces Aériennes de la Géndarmerie Nationale, Détachement de Briançon, dal titolo “Les facteurs organisationnels et humains”. Importante è la formazione dei vari operatori del soccorso in montagna, un’attività ad alto rischio, nel contesto di situazioni molto complesse ed anche la comunicazione nel lavoro d’equipe. Il livello di sicurezza deve migliorare continuamente. Il relatore ha sottolineato l’importanza del briefing. Altrettanto utile è l’attenta verifica degli incidenti accaduti in passato: niente di meglio che l’analisi dei fatti.

Kenny Morand ha, poi, parlato della sua esperienza prima come pilota di linea sull’ Airbus A 320 Lufthansa e, poi, come medico anestesista. Il relatore ha fatto presente che la maggior parte degli incidenti aerei è dovuta a un errore umano, secondo uno studio realizzato su voli commerciali dalla Boeing Aircraft company tra il 1959 e il 1989. Errore umano sì, ma favorito, in genere, da una catena di eventi sfortunati. Occorre interrompere questa catena, ricorrendo alla prevenzione, imparando a prevedere quanto potrebbe accadere. In una situazione d’emergenza le capacità e i limiti di un essere umano sono evidenti. Tuttavia, l’uomo può contare anche su vari punti di forza: intuito, generalizzazione dei principi, pensiero induttivo, adattamento all’imprevisto e al caos, definizioni delle priorità, abilità nel sapersela sbrogliare, creatività. Tra i limiti dell’uomo la tendenza a innervosirsi, stancarsi, deconcentrarsi, avere paura, dimenticarsi, innamorarsi, commettere errori. Ciò che il cervello percepisce è una interpretazione della realtà, considerata giusta per principio, in base all’esistenza di modelli mentali. Il cervello inventa o valorizza gli elementi che soddisfano il modello mentale, inibendo le percezioni che lo contraddicono. L’interpretazione della situazione dipende dall’educazione e dalla formazione, dai valori e dalle credenze, dall’esperienza, dallo stato emozionale e dalla cultura. Per ridurre il rischio al minimo un pilota deve costantemente agire su due livelli: prevenire gli incidenti attraverso una cultura permanente e rigorosa della sicurezza e anticipare e gestire una crisi, quando questa compare. Il paziente e l’équipe sono al centro della sicurezza attraverso: gestione della fatica e dello stress, visione di insieme, distribuzione del carico di lavoro, standardizzazione delle procedure, comunicazione, lavoro di squadra, presa di decisioni, risoluzione degli errori. Un team è costituito da un leader e dai suoi collaboratori. Il gruppo ha degli obiettivi comuni. Il capo dirige e usa l’autorità, evoca la paura, sa come fare e dice” andate”. Un leader guida, collabora, evoca l’entusiasmo, mostra come fare e dice “andiamo”. Occorre scoprire le risorse umane, il giusto compito per ognuno, saper decidere. La coesione di un gruppo è fondamentale per la buona riuscita di una missione. Un buon secondo deve saper ascoltare in modo attento e riformulare al bisogno, denunciare gli errori, essere assertivo, essere empatico. A volte la tecnologia può rappresentare un pericolo. Le procedure della comunicazione devono essere standardizzate.  Il briefing è mezzo di “team management” durante il quale vanno definiti gli obiettivi, le alternative e i pericoli. Lo spirito di squadra va preparato in modo attivo.

Le informazioni vanno condivise. Ognuno deve essere autorizzato a dare il proprio parere. Deve esserci una preparazione mentale, con una base comune. Vanno rivelate e dichiarate le debolezze. Nel debriefing vi sono aspetti tecnici e umani, vanno segnalati tre punti positivi e tre punti negativi, e fatte proposte di miglioramento. Ci vuole consapevolezza della situazione, cercando in modo attivo una visione di insieme, agendo per prevenire gli errori. Importante è la gestione del carico di lavoro. Esiste una similitudine tra incidenti aerei ed errori in campo medico (1997). Secondo un rapporto del 1999 negli Usa si verificano 44,000/98,000 morti all’anno a causa di errori del sistema sanitario. È più probabile morire per un errore del proprio medico che per un incidente aereo. Il miglioramento della sicurezza delle équipe e dei pazienti passa attraverso un cambiamento di paradigma, l’attuazione di una cultura della sicurezza, la definizione di un pacchetto di misure e di procedure, la formazione iniziale comune e l’addestramento comprensivo di simulazioni. L’essere umano ha molti limiti che occorre saper riconoscere, ma possiede soprattutto incredibili potenzialità che si devono saper sfruttare.

N. Bezard di Chamonix ha parlato di “Gestion des contraintes: l’exemple des modes de vigilance”. Christian Morel ha affermato nelle “Decisions absurdes” che in tutti gli incidenti si constata una concatenazione di cause lontane e diverse e, all’ultimo momento, una disattenzione o un errore piccolo, ma fatale. Per esempio, l’episodio di un soccorritore che, scendendo dall’elicottero, senza ramponi, si è distorto una caviglia. Le trappole dell’incoscienza: l’abitudine, l’ostinazione, la posizione sociale, la rarità della situazione, l’aura dell’esperto e il desiderio di seduzione. Nel corso di una missione di soccorso vanno sorvegliati sei parametri: l’equipe, la vittima, il terreno, l’allarme, il meteo e i materiali. Esistono quattro modi di vigilanza: sorvegliare, anticipare, adattarsi e riorganizzare. Occorre aver tempo in anticipo per prevedere il metodo e avere i mezzi utili ad affrontare la situazione. Il briefing è simile a quello che si effettua nel campo della sicurezza aerea, che serve alla gestione del rischio operativo che deve tener conto del fattore umano, dell’ambiente, degli eventuali ostacoli, delle condizioni del tempo e dell’équipe. Il briefing, breve e conciso, va strutturato, non dimenticando i punti chiave. A Grenoble, come riferito da K. Bertholet, medico del SAMU 38, viene utilizzato l’acronimo MEMO-D: Moyen-memo-Technique).

La sera del 29 settembre Erwan Le Lann, guida alpina e skipper, ha tenuto una conferenza sull’Expédition Maewan, nel corso della quale ha effettuato il giro del mondo in barca a vela, realizzando alcuni progetti umanitari.

Il mattino del 30 settembre Emmanuel Pierantoni, medico d’emergenza del soccorso in montagna francese, CHVM, ha parlato di “Gestion des erreurs et menaces en secours en montagne: apports de l’aéronautique”. Emmanuel ha conseguito il brevetto di pilota di linea e di istruttore. Ha stabilito un parallelo tra aeronautica e medicina di montagna, valutando cinetica, evoluzione, complessità, affidabilità e rischio. La medicina di montagna prevede competenze non tecniche: sorveglianza, presa di decisioni, leadership, comunicazione e collaborazione, inoltre, occorrono competenze fisiche, tecniche e mediche. Nel soccorso alpino tre figure operano e collaborano: pilota, soccorritore e medico. Tutti devono essere in grado di agire in sinergia tra di loro. La formazione in medicina deve essere continua e deve esistere la cultura dell’errore e di come saperlo prevenire. Il relatore ha citato il disastro aereo di Tenerife, accaduto il 27 marzo del 1977, con 583 morti. Nella gestione degli errori occorre sapere anticipare per evitare un incidente. Si devono fornire le competenze non tecniche mirando alla gestione di un’operazione nella sua globalità. Nella prevenzione degli errori vanno utilizzati debriefing, comunicazione, check-lists, intelligenza collettiva, simulazioni, autovalutazione. In conclusione la medicina di soccorso in montagna è un’attività che si svolge in un ambiente ostile. L’analisi del fattore umano permette di migliorare l’organizzazione, prendendo coscienza dei rischi, sottolineando l’importanza della formazione, dell’addestramento e di tutti i limiti.

Renaud Guillermet, pilota di Grenoble dall’inizio degli anni ’90, ha parlato di “Médicalisation du secours en montagne: gestion des menaces et erreurs, l’apport de l’aeronautique”. Occorre analizzare procedure approvate e materiali certificati, pianificare, formare, addestrare e fare dei briefing attraverso il TEM (Threats & Errors Management). Non c’è spazio per l’improvvisazione, che non va confusa con la capacità di adattamento. Una missione di soccorso in montagna è molto dinamica e poco pianificabile. I vari operatori hanno competenze uniche, con una cultura singolare, con un tasso di incidenti elevato. Esiste la sindrome dell’esperto: lo so fare e lo faccio spesso. Nulla va dato per scontato.

Nella medicalizzazione del soccorso in montagna il medico ha una competenza unica, riceve gli input degli altri componenti dell’equipaggio (soccorritori e pilota). Fly safe, flay smart!

Julien Picard e Tobias Gauss di Grenoble hanno parlato di “Secours en Montagne, l’enjeu des facteurs humains: Leadership”. In una missione di soccorso esistono tre leader: pilota, medico e soccorritore. La leadership viene definita come la capacità di influenzare, ispirare, guidare altre persone o organizzazioni con lo scopo di raggiungere determinati obiettivi. Deriva dalla qualità delle relazioni esistenti, dalla propria credibilità e dall’esperienza che ognuno può sviluppare. È anche la capacità di ascoltare, sostenere e motivare i componenti di un’équipe di soccorso per lavorare insieme verso un traguardo comune. Serve a migliorare la qualità del lavoro, la competenza e la performance di un’équipe di soccorso. Il leader è riconosciuto da un team di soccorso per le sue competenze.

Sabato 1 ottobre il colonnello Emmanuel Sillon ha parlato di “Méthodologie d’analyse d’incidents”. Il BEA-È (Bureau Enquêtes Accidents) è un gruppo composto da 25 persone (piloti, ingegneri, controllori di volo, meccanici) con lo scopo di verificare la sicurezza dell’aeronautica di stato in Francia. Si articola su cinque poli: investigazione, formazione, analisi dei segnali deboli, fattore umano e relativo all’organizzazione, relazioni esterne. Deve raccogliere e analizzare le informazioni utili, determinare le circostanze e le cause certe o possibili, stabilire le raccomandazioni di sicurezza. Tutte le persone a bordo di un aeromobile in missione hanno un proprio ruolo nell’ambito della sicurezza aeronautica.

Stéphane Oggier, guida alpina svizzera e medico di famiglia, ha parlato della “Face cachée d’un sauvatage”, illustrando una missione di salvataggio in montagna non comune e complessa dal punto di vista tecnico e mettendo in risalto le reazioni psicologiche dei soccorritori, formulando delle proposte per meglio gestire gli aspetti psicologici. Trattandosi di un’operazione su ghiacciaio per soccorrere gli occupanti di un piccolo aereo precipitato, i soccorritori hanno dovuto rispettare la sicurezza in mezzo a crepacci e seracchi, a 3000 metri di quota, con cattivo tempo, con pericolo di incendio, incarcerazione e numerose vittime. Ecco perché servono linee guida per individuare la giusta direzione, per evitare una eccessiva pressione psicologica, per lasciare l’energia necessaria all’improvvisazione sempre importante sul terreno.

Camille Rabourdin, capitano medico,responsabile de l’Unité de Soutien Psychologique SDIS 05 e Michael Chouraki, capitano infermiere dell’Unité de soutien SDIS 05, hanno parlato di “Victimes, accompagnants, intervenants: prendre en compte le traumatisme psychique”.

Nel trauma psichico esiste una cronologia: reazione immediata, turbe da stress acuto dopo 2 giorni, turbe da stress traumatico dopo 2 mesi, turbe da stress traumatico cronico dopo 3 mesi. È importante stabilizzare dal punto di vista emozionale chi ne ha bisogno, sostenendolo, stando al suo fianco e rassicurandolo. Va fatta un’opera di liberazione da eventuali sensi di colpa.

 Jasmin Lienert, presidente del GRIMM (Groupe d’Intervention Médicale en Montagne”) di Sion, ha parlato, a sua volta, delle attività e dell’organizzazione del gruppo.