La Guerra Bianca fotografata*

G.C. Agazzi

 

La prima guerra mondiale fu, probabilmente, il conflitto più fotografato del XX° secolo. Esigenze di propaganda da una parte e di memoria personale dall’altra, portarono gli Stati Maggiori degli eserciti e i combattenti stessi a fissare su pellicola i momenti più importanti e tragici e la vita quotidiana.

Gli eserciti dei paesi belligeranti crearono dei reparti fotografici che fornivano gli uffici propaganda del materiale fotografico che doveva illustrare le gesta dei propri soldati, da distribuire, poi, a riviste e quotidiani.

Fin dall’inizio del conflitto il Regio Esercito Italiano si dotò di Squadre Fotografiche e Telefotografiche di campagna e di montagna, che vennero assegnate ai Comandi delle Armate e delle grandi unità. Il materiale prodotto fu utilizzato per lo studio del territorio e degli apprestamenti nemici.

Nel gennaio 1916 l’Esercito costituì un Ufficio Stampa (dal 1917 Stampa e Propaganda) cui fecero capo una Sezione e un Reparto Fotografici, con annesso laboratorio, dediti alla produzione di materiale di propaganda e di divulgazione documentaria della guerra. Alla fine del 1916 venne costituita pure una Sezione Cinematografica.

Ma non fu solo l’istituzione militare a fotografare la guerra.

Molti ufficiali si dotarono di apparecchi fotografici personali, dalla famosa Vest Pocket Kodak, pubblicizzata sulle riviste, ad apparecchi a cavalletto più impegnativi e, nonostante divieti e restrizioni, portarono a casa un’importante documentazione del fronte, della vita quotidiana e degli orrori del conflitto.

Le caratteristiche peculiari del fronte di alta montagna, che lasciava più intervalli di tempo tra un combattimento e l’altro, e che offriva spettacoli naturali del tutto inimmaginabili per chi combatteva nelle trincee di pianura, offriva la possibilità ad alcuni ufficiali fotoamatori, specialmente sul fronte dell’Adamello, di dar vita a una produzione di grande interesse, sia dal punto di vista della documentazione storica che del valore artistico e tecnico degli scatti. Gran parte di questa produzione è giunta fortunatamente fino ai nostri tempi. Oltre al Bonacossa, ricordiamo i nomi di Augusto Materzanini, Aldo Varenna, Paolo Robbiati, Giuseppe Carcano, Giovanni Rolandi, Guido Bertarelli, Guido Ferrari, protagonisti della Guerra Bianca sull’Adamello e sull’Ortles-Cevedale.

Anche un pioniere del cinema come Luca Comerio scelse l’Adamello come set per uno dei suoi primi documentari. Nell’aprile del 1916 Aldo Bonacossa, ufficiale del Genio, ma in forza al Servizio Informazioni, venne incaricato di accompagnare Comerio sul fronte dei ghiacciai per riprendere le fasi della battaglia bianca che diedero, successivamente, vita al documentario “La guerra d’Italia a tremila metri sull’Adamello” che verrà, poi, proiettato nelle sale cinematografiche del Paese.

Merita ricordare che nel corso della Guerra Bianca piloti d’aereo e topografi si dotarono di nuovi mezzi più tecnologici: velivoli, macchine fotografiche, materiali, strumenti di lettura.

Nacquero reparti specializzati e laboratori da campo per lo sviluppo, la stampa e l’interpretazione delle immagini.

L’esperienza del volo non ebbe soltanto il carattere della guerra: fu anche voluttà visiva, emotiva e narrativa. I piloti potevano volare per la prima volta sopra le più alte vette delle Alpi, scoprendo vertiginosi panorami per, poi, diffonderli grazie alla fotografia.

* Lo scritto é stato esposto nel corso della mostra tematica "La prima Guerra Bianca", esposta a Chiavenna (SO) dal 28/09 al 27/10/2019