Avventure di un vagabondo

 

Aveva trascorso la notte sdraiato in mezzo all’erba morbida di una radura di un fitto bosco di abeti rossi. Era stata una notte tranquilla. Era molto stanco al punto che la sera prima non aveva mangiato. Si era svegliato solo una volta disturbato dai passi leggeri di una volpe che gli era passata vicino, seguendo la traccia di una lepre. In quel risveglio si era accorto che il cielo era carico di stelle e che qualcuna cadeva, lasciando una scia luminosa. Prima di rimettersi in cammino si era fermato a mangiare fragole e lamponi, che crescevano qua e là nella foresta. Più in alto, appena fuori dai pini il sole illuminava le montagne di quella valle assai selvaggia tra cui il Crozzon di Lares e la vedretta di Folgorida. Era ben riposato e di buon umore. Una lunga giornata lo aspettava. Si mise in cammino con l’intenzione di percorrere molti chilometri. Non gli andava di avvicinarsi a qualche baita, ma, giunto poco distante da una malga e scorti alcuni alveari, vi si avvicinò per mangiare un po’ di miele. Solo i latrati di alcuni cani da pastore lo fecero allontanare. Si rimise in cammino, attraversando luoghi selvaggi, e non si fermò fino a sera. Dovette attraversare delle zone dove si trovavano impianti di risalita che lo disturbavano. A un certo punto uno scoiattolo, incuriosito dalla sua presenza, salì su un albero per guardarlo, rosicchiando una nocciola. Attraversò veloce le acque di un ruscello vorticoso e fresco. Quando dovette attraversare un pascolo venne spaventato dalla scossa provocata dalla corrente elettrica di un filo messo lì per evitare a delle vacche di allontanarsi. Poi, superò quasi di corsa il passo delle Topette a oltre 2500 metri di quota e scorse la neve dei ghiacciai dell’Adamello. Prima di giungere al passo trovò dei laghetti e, per il caldo, decise di immergersi per qualche istante nell’acqua gelida e ristoratrice. Rimase, poi, per una mezzoretta ad asciugarsi sdraiato su una grossa pietra che affiorava sulla riva, godendosi i raggi solari estivi. Una volta ritornato giù più in basso nella foresta poté mangiare con tranquillità un bel po’ di mirtilli.  Poi, riprese il cammino cercando, più giù nel bosco, un riparo per la notte. Fu proprio il frullo di un gallo forcello a spaventarlo, alzandosi veloce tra i rododendri in parte ancora in fiore. Continuò a scendere lungo il versante solivo di una fitta abetaia. Lontano, quasi al crepuscolo, sentì l’ululato di un lupo perdersi tra le brumose valli di quelle montagne. Quel richiamo gli fece capire che la notte stava per arrivare.

Si coricò tra l’erba del bosco e dormì profondamente per tutta la notte.

  Camminò di nuovo tutto il giorno e, quasi alla fine della giornata, vide non molto lontano dal sentiero che stava percorrendo, due uomini, uno che maneggiava uno strano strumento. Non fece a tempo ad accorgersi della loro presenza che un dolore violento lo raggiunse all’altezza di una spalla, poi, stramazzò a terra, perdendo conoscenza. La dose di anestetico iniettata era troppo elevata e morì dopo poco senza neppure comprendere che era stato un ago a oltrepassare la sua pelliccia bruna e fitta fino a entrare in profondità nel muscolo.