La montagna...su due piedi

La montagna ai nostri piedi

A maggio si è svolto a Trento il convegno dal titolo “La montagna…su due piedi, diamo ai nostri piedi l’importanza che meritano?” Tanti i relatori per discutere di un argomento di fondamentale importanza per alpinisti ed escursionisti

Giancelso Agazzi

 

 

Sabato 6 maggio 2023 ha avuto luogo presso la Fondazione Caritro a Trento il tradizionale convegno organizzato dalla Società Italiana di Medicina di Montagna, in occasione del Trento Film Festival 2023.

Dopo i saluti di Antonella Bergamo, dermatologa, presidente della commissione medica della SAT e di Lorenza Pratali, presidente della Società Italiana di Medicina di Montagna hanno avuto inizio i lavori.

Prima relatrice Antonella Bergamo, che ha parlato dei “Segreti della pelle dei piedi”. La pelle rappresenta l’organo più esteso che abbiamo e ci dà informazioni importanti. La presenza di macchie o di croste vuol dire che qualcosa non va. Nei casi peggiori, possono essere il segno di lupus eritematoso, psoriasi e sifilide. Problematiche sistemiche importanti possono lasciare il loro segno sui piedi, tra queste l’ulcera di Martorel (ischemico-ipertensiva), la livedo racemosa, le forme gravi di Covid-19. I piedi possono essere interessati da tinea corporis, orticaria, geloni e fenomeno di Raynaud. Anche le unghie raccontano lo stato di salute: possono essere colpite da psoriasi, micosi, distrofie genetiche, microtraumi, oppure possono incarnirsi o diventare nere. I piedi ci possono dire se li abbiamo trascurati a lungo come nel caso dei congelamenti o dei piedi da immersione, o del piede da trincea. La larva migrans è un nematode che può parassitare i piedi. La distrofia delle 20 unghie o delle 20 dita è una condizione nella quale tutte le unghie del corpo vengono colpite da trachionichia, un’alterazione della lamina ungueale che appare ruvida, opaca, fragile e solcata da striature longitudinali. Scarpe o calzini inadatti possono causare lesioni da sfregamento ai piedi. Il piede d’atleta è un’infezione micotica causata dalla tinea pedis, un dermatofita, favorita dall’umidità che compare tra le dita dei piedi, almeno inizialmente. Tra i consigli preventivi: lavare, asciugare e idratare regolarmente i piedi, applicare, dopo lunghe camminate, una crema lenitiva, valutare sempre calzature e calzini (vestizione), guardare con regolarità i piedi per cogliere i primi segnali dell’infezione, per eventualmente curarla subito con l’impiego di un antimicotico locale. I calli che si formano sui piedi sono ipercheratosi dolenti, se presenti a livello plantare o interdigitale. Si può utilizzare una crema all’urea (30-40%), che svolge una potente azione idratante ed emolliente. Le vesciche che si formano sui piedi, previa disinfezione, vanno bucate con un ago sterile, per svuotarle dal liquido, senza rimuovere il tetto della bolla, una difesa naturale contro i batteri.

Antonella Bergamo ha organizzato il Punto Salute in occasione del Trento Film Festival presso la sede della SAT, per rispondere alle domande dei frequentatori della montagna.

Mario Cristofolini, dermatologo presidente della LILT (Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori) di Trento, ha parlato di “Tumori cutanei: anche ai piedi?” I tumori cutanei diversi dal melanoma sono i più frequenti e sono in aumento. Vi sono 120 casi per 100.000 abitanti/anno, sottostimati. I casi di melanoma sono 14 per 100.000 abitanti/anno; 14.000 casi in Italia (7300 maschi e 6700 femmine). Il melanoma ha rappresentato nel 2021 la terza causa di morte nelle donne e la seconda nei maschi al di sotto dei 50 anni. La seconda causa di morte tra i 30 e i 40 anni. I tumori benigni della cute del piede sono acantomi, cheratosi seborroiche, dermatofibromi, papule, noduli. Appaiono come squamo-croste regolari non ulcerate. Possono essere asportati. Tra i tumori cutanei del piede non melanoma maligni: cheratosi attiniche (dorso del piede), carcinoma basocellulare, carcinoma spinocellulare. Si manifestano con croste, noduli, ulcere che non guariscono e che sanguinano. Più pericolose sono le lesioni pigmentate. Il carcinoma cuniculatum o verrucoso è un’ulcerazione che si localizza alla pianta del piede nel 53 % dei casi, nel 21 % alle dita e nel 16 % al tallone. Si tratta di una complicanza di una verruca virale HPV.

I tumori cutanei sono visibili: se diagnosticati precocemente guariscono. Il melanoma scrive il suo messaggio con il suo inchiostro e noi tutti lo possiamo vedere. Purtroppo molti lo vedono, ma non lo riconoscono (N. Davis, Australia). I melanomi compaiono di solito su cute sana. Si localizzano nel 5% dei casi ai piedi nei soggetti con pelle chiara. Negli africani si localizzano, invece, sulla pianta del piede.

Il melanoma acrale è più difficile da vedere, mentre il melanoma nodulare è più aggressivo. I nevi melanocitici sono congeniti. Sono macchie marroni di varie dimensioni, piccoli, medi e grandi. Sono presenti alla nascita. I nevi melanocitici acquisiti sono simmetrici, con bordi regolari, di colore uniforme marrone più o meno scuro, con diametro inferiore a sei millimetri, che non si modificano. Gli Spitz-Reed sono regolari e di colore bluastro. I melanomi si possono localizzare sul dorso del piede, sulla pianta del piede o tra le dita, oppure sulle unghie (stria nera superiore a 3 millimetri, segno di Hutchinson). La diagnosi differenziale è con ematoma, tallone nero, melanonichia, onicomicosi. I segni distintivi del melanoma sono: asimmetria, bordi frastagliati “a carta geografica”, policromia (nero, bruno, rosso), dimensione maggiore ai 6 millimetri, evoluzione della dimensione, forma e colore in un breve periodo di tempo (6-8 mesi). Le persone con molti nei sono più a rischio. I melanomi vengono rimossi con importanti interventi di chirurgia plastica. Attualmente l’immunoterapia può rendere la malattia cronica.

Paolo Sembenini della Casa di Cura Villa, ha, poi, parlato delle “Principali problematiche del camminare in montagna”. Il relatore ha esordito affermando che oggi la camminata in montagna è utilizzata per il mantenimento della forma fisica e mentale. Il 60% degli adulti è coinvolto in qualche forma di esercizio fisico (11% sono ranner). Le forze di impatto durante la camminata oscillano da 3 a 8 volte il peso del corpo (l’utilizzo dello zaino).

 Tra le patologie più comuni la fascite plantare e la entesopatia inserzionale sul tallone. La prima è causata da un microtrauma della fascia plantare. È caratterizzata da un dolore intenso al risveglio e in stazione eretta. Diminuisce con il movimento ed è esacerbata dalla camminata/corsa (salto e scatti). Il trattamento prevede la riduzione dell’attività fisica, esercizi di stretching del tendine di Achille e fascia plantare, applicazione di talloniere viscoelastiche, calzature con rialzo sul tallone, fans e terapie fisiche (tecar laser). Se i sintomi durano per più di 12 mesi, infiltrazioni con PRP (Platelet Rich Plasma, un emocomponente allo stato liquido, costituito da plasma e piastrine concentrate) e chirurgia (fasciotomia). La tendinite dell’Achille nei non sportivi ha una percentuale del 31%. Negli sportivi, soprattutto maschi, del 53%, con un picco tra 30 e 50 anni. Le rotture improvvise sono il 35% di tutte le rotture tendinee. Patogenesi: tra i fattori intrinseci ridotta vascolarizzazione, processo di invecchiamento, perdita di elasticità, assetto del piede; fattori estrinseci: aumento del carico, periodi di riposo insufficienti, tipo di tecniche di allenamento, terreni diversi; fattori meccanici: calzature non adatte; fattori biologici: fumo, obesità, diabete. Si formano ossificazioni che irritano il tendine di Achille. Nelle tendinopatie dell’Achille il dolore compare inizialmente dopo attività prolungata con remissione a riposo. Successivamente il dolore è presente a riposo e costringe all’inattività. All’ispezione si nota un aumento del volume del tendine (localizzato nelle peritendiniti, diffuso nei quadri degenerativi). Alla palpazione presenza di vivo dolore nelle regioni ingrossate. Esami strumentali indicati: ecografia e RMN. Il trattamento prevede riposo, modificare i fattori di rischio, allungamento dell’Achille (esercizi isometrici, stretching in eccentrica), tecar terapia, onde d’urto, iniezioni di PRP, applicazioni di plantari e calzature comode.

La sindrome, malattia o morbo di Haglund è una patologia che colpisce il calcagno per lo più nelle persone giovani e sportive. Provoca una sorta di tallone sporgente che infiamma il tendine di Achille. È fonte di forti dolori che compromettono le normali attività, anche in montagna.

La patologia legamentosa costituisce il 14 % di tutti i traumi sportivi. Il trauma distorsivo acuto di caviglia è tra i più comuni nella traumatologia sportiva. Si stima che dopo una distorsione il 55 % dei pazienti non sportivi non si rechi dallo specialista per una valutazione clinica. La lesione traumatica acuta non va mai sottostimata. Se mal gestita può evolvere verso una condizione di dolore e di instabilità cronica (20%). Occorre una corretta valutazione. Trattamento personalizzato: immobilizzazione con gesso, utilizzo di un tutore (Air Cast), programma fisioterapico (terapia tecar e propriocettiva). In alcuni casi può essere indicato anche un trattamento chirurgico.

Importanza dell’asse e del corretto appoggio del piede e…della calzatura. Un appoggio troppo supinato o pronato può creare problemi a livello della gamba, del ginocchio e dell’anca. Il tendine di Achille non lavora in asse e, di conseguenza, i muscoli del polpaccio non lavorano nel modo ideale. Per compensare l’articolazione del ginocchio e quella dell’anca a loro volta si adattano andando ad assumere posizioni non corrette. Il trattamento chirurgico delle deformità prevede l’osteotomia.

Le fratture da stress osseo possono capitare nel corso di trekking lunghi, a volte misconosciute. Sono conseguenti a piccoli traumi subiti ripetutamente dall’osso (energia torsionale). La frattura da fatica fu descritta nel 1855 da Breithaupt in alcuni soldati dopo marce. Ha un’incidenza del 31% nei soldati e del 21% negli atleti. La frattura da insufficienza: la resistenza ossea dipende dall’elasticità e dalla rigidità correlate alla densità minerale dell’osso.

Vi possono essere lesioni e danni da usura delle cartilagini articolari delle ginocchia. Si possono verificare lesioni osteocondrali. La cartilagine ialina si localizza sulle superfici articolari. Possiede una funzione biomeccanica e non è vascolarizzata né innervata. Assorbe le forze di carico e, sebbene abbia uno spessore di pochi millimetri, ha una resistenza sorprendente alla compressione. Ha, inoltre, un’eccezionale capacità di distribuire il peso, minimizzando in questo modo i picchi di carico sull’osso subcondrale. Caratteristica più importante la sua durabilità. Nella maggioranza delle persone la cartilagine consente il corretto funzionamento delle articolazioni per 80 anni o più. Nessun materiale sintetico raggiunge simili prestazioni. L’osteoartrosi è una malattia degenerativa che coinvolge la cartilagine. La vitalità dell’articolazione viene meno. Il 46% delle persone sviluppa una osteoartrosi del ginocchio durante la vita che provoca grave disabilità. Tra i sintomi: dolore in emirima mediale/laterale, versamento articolare recidivante, scrosci articolari, blocchi articolari, zoppia, ipotonotrofismo muscolare, diminuzione articolare (soprattutto in estensione). Tra le soluzioni terapeutiche: fisico-riabilitativo, fans, condroprotettori, infiltrazioni (cortisone, acido ialuronico, PRP), ortesi mono e bicompartimentali, pulizia artroscopica, riparazione/rigenerazione cellulo-mediata, osteotomie, sostituzione protesica. Diversi possono essere i gradi di artrosi.

Si possono verificare distorsioni di ginocchio. L’artroscopia può essere di aiuto. Permette di asportare frammenti cartilaginei mobili e di pulire il focolaio. Con perforazioni può favorire un maggior apporto di sangue con formazione di tessuto cicatriziale pseudocartilagineo. Rende possibile l’innesto di condrociti autologhi. Tramite nuove metodologie di chirurgia ortopedica si sfruttano le cosiddette cellule mesenchimali (cellule staminali adulte di origine adiposa) che vengono prelevate dallo stesso paziente e, dopo una particolare procedura di trattamento, iniettate nell’articolazione danneggiata (innesto autologo). Sono in grado di stimolare la produzione della cartilagine, migliorare la lubrificazione del comparto intrarticolare, aumentare l’attrito, provocare la rigenerazione cartilaginea. L’intervento avviene con ricovero in Day Hospital e dura circa 30 minuti. Avviene in un unico tempo operativo con prassi mini-invasiva. Al termine dell’intervento la zona del prelievo viene medicata con due cerottini. Dopo il trattamento in alcuni soggetti è possibile notare un lieve gonfiore dell’articolazione per circa 7 giorni a seguito della quale è previsto un breve percorso riabilitativo. L’infiltrazione autologa di cellule staminali adipose può essere considerata una terapia efficace, sicura e duratura, in grado di migliorare la qualità della vita del paziente. L’uso delle tecniche robotizzate costituisce una procedura che permette ai chirurghi di essere precisi e costantemente riproducibili ed affidabili nell’impianto di una protesi grazie a una pianificazione pre-operatoria. Si tratta di un nuovo modo di posizionare una protesi totale. Si ottengono un recupero articolare più veloce, una migliore soddisfazione dei pazienti e una riduzione del dolore, con un ottimo bilanciamento articolare e un allineamento meccanico pianificato. Una distorsione del ginocchio può provocare lesioni meniscali, lesioni legamentose, lesioni cartilaginee e lesioni associate. Una lesione meniscale è caratterizzata da dolore, blocco articolare, idrarto, sensazione di corpo estraneo mobile e pseudocedimenti. Vanno effettuati esami strumentali (RMN). Può essere effettuata un’asportazione con atroscopio. La sutura meniscale riduce l’instabilità, ritarda l’evoluzione artrosica, e cerca di salvare il menisco. Le lesioni del legamento crociato anteriore sono caratterizzate da dolore (spontaneo o evocato), instabilità e versamento articolare. Servono esami strumentali (RMN). La fattibilità dell’intervento dipende dall’età, dal quadro di instabilità (cedimenti), dall’aumento della popolazione sportiva e dall’aumento delle richieste funzionali post-infortunio, dalla migliore capacità diagnostica e dal perfezionamento delle tecniche chirurgiche.

La lombalgia può comparire in discesa nella zona lombare della schiena che è molto sollecitata. Può essere causata da un’ernia del disco, da una discopatia degenerativa o da problematiche di origine muscolare. Il mal di schiena è la prima causa di astensione dal lavoro in Italia. Nella lombosciatalgia il dolore si irradia in tutta la gamba ed è associato a una compressione del nervo sciatico. Nella discopatia degenerativa il disco intervertebrale degenera, perde volume e si disidrata, irritando parte del nervo sciatico. Spesso queste problematiche sono dovute a mancanza di stretching e di esercizi di rinforzo dei muscoli del core. I muscoli della schiena devono essere forti ed elastici, avendo una funzione stabilizzante della colonna a livello lombare, ed essendo molto sollecitati in discesa. La postura è soggettiva e va modificata solo nel caso vi siano problemi o sia clamorosamente errata. Una postura scorretta può condizionare anche il cammino e a lungo andare creare problemi e infortuni. La ginnastica posturale aiuta a rinforzare e a rendere più elastici i muscoli del core.

Le endorfine, che vengono prodotte in abbondanza durante l’attività fisica, sono sostanze oppioidi endogene a struttura polipeptidica, dotate di proprietà biologiche simili a quelle della morfina e delle sostanze oppiacee. Innalzano la soglia del dolore, provocano benessere e buonumore, regolano il sonno e l’appetito e contrastano lo stress.

Stefano Trinchi, presidente della commissione medica del gruppo regionale del CAI del Lazio, ha parlato de “L’arte del camminare in montagna e come scegliere le calzature”. Ha sottolineato l’importanza e la perfezione del piede e della sua architettura. Trinchi ha voluto ricordare la storia del piede. Circa tre milioni di anni fa, sul finire del Pliocene, ai tempi dell’Australopithecus e dell’Homo habilis, ha avuto inizio l’evoluzione del nostro piede. Con l’abbassamento al suolo del calcagno si è arrivati ad avere una lunghezza sufficiente per il mantenimento dell’equilibrio (aumento del poligono d’appoggio). L’abolizione della funzione prensile ha fatto diventare il piede una leva per il sollevamento e la propulsione del corpo, ma si è trattato ancora di un piede simile a quello animale. L’evoluzione verso la nostra forma moderna è avvenuta circa 1,8 milioni di anni fa ed è immutata fino ai nostri giorni. Il nostro piede è un vero capolavoro di ingegneria. Da circa 1,8 milioni di anni svolge la triplice funzione di organo di appoggio, propulsione e mantenimento dell’equilibrio. Il piede umano funziona come una molla tenuta in tensione da un tendine elastico che percorre la pianta. Spostando il peso del corpo, l’arco plantare si stira, accumulando energia che viene restituita alla fine del passo. Camminare è un gesto istintivo. Rappresenta la forma di locomozione che distingue l’essere umano dal resto degli animali. L’atto di camminare è qualcosa che crediamo di saper svolgere alla perfezione. Si tratta di un gesto apparentemente banale e naturale, al quale non prestiamo attenzione. Si tratta di uno schema motorio di base: le esperienze di vita, l’ambiente e altri fattori influenzano il cammino di ogni individuo e la sua strutturazione in schemi di movimento più o meno economici. Il camminare è una successione di perdita e di riacquisizione dell’equilibrio. Il cammino coinvolge tutto il corpo. Da un punto di vista meccanico il cammino si attua attraverso un’alternanza di appoggi monopodalici, intervallati da momenti di doppio appoggio podalico.

Camminare in montagna impone all’uomo un maggiore dispendio di energie e le caratteristiche stesse del terreno rendono la camminata un’attività fisica completa e impegnativa (dislivello, carico, caldo, freddo). Il corpo umano tende sempre al risparmio di energia, cercando la forma meno dispendiosa di movimento e puntando su un misto di biomeccanica, comfort ed economia. La camminata in montagna dovrebbe essere considerata a tutti gli effetti uno sport. Quindi, andrebbe data la giusta importanza alla preparazione, alla tecnica, all’allenamento e ai materiali per goderne al massimo, ridurre gli infortuni e aumentare distanza e dislivello. Nella camminata in montagna utilizziamo numerosi mezzi: lo sguardo, la propriocezione, che serve a valutare l’appoggio del piede, la muscolatura, che permette di avanzare, di mantenere l’equilibrio e la corretta postura e di gestire la lunghezza del passo e la qualità del movimento.

Già all’epoca dell’Egitto predinastico e degli Assiri Babilonesi alcune classi sociali indossavano rudimentali calzature. Ötzi, 5300 anni fa, indossava scarpe costituite da fibre vegetali e pelle di cervo con un’imbottitura di paglia (la prima scarpa da montagna). Una calzatura giusta per la montagna deve proteggere dalle asperità del terreno, essere confortevole, robusta, con buona aderenza, leggera e dotata di un buon sistema di allacciamento. In fase di appoggio il piede, grazie alla caviglia, esegue movimenti prima di pronazione, con intrarotazione della pinza bimalleolare e schiacciamento della volta plantare con aumento della base di appoggio del piede e, poi, di supinazione, con extrarotazione della pinza bimalleolare e inarcamento della volta plantare con propulsione e spinta nella fase finale dell’appoggio del piede.

Fabrizio Tessadri, tecnico ortopedico, ha parlato di “Cosa fare quando fanno male i piedi”. Il dolore viene definito “un’esperienza emozionale e sensoriale spiacevole associata a un danno tissutale acuto o potenziale” e ce ne sono di vari tipi, ben descritti dalla IASP (International Association for the Study of Pain). Ogni tipo di dolore rappresenta un segnale che esprime la presenza di un’anomalia, di qualcosa che non va. Vi può essere un dolore da trauma, causato da un danno tissutale (compressione, torsione); oppure può insorgere nel corso di un’attività, ma anche a riposo, o, ancora, quando si prende un carico.

Anche i processi infiammatori che coinvolgono i tessuti molli (tendini, legamenti, altro tessuto connettivo), le articolazioni (versamenti intra-articolari), i vasi sanguigni (ecchimosi), le ossa sono causa di dolore. Possono essere fonte di dolore eventi accidentali di tipo occasionale: calzature o attrezzature usurate o non adeguate all’attività o alle esigenze personali, esercizio fisico intenso effettuato in un momento di debolezza, cammino a piedi nudi su superfici non idonee o per troppo tempo. Altre condizioni che possono determinare la comparsa di dolore sono: sollecitazioni da carico importanti ripetute a lungo, indebolimento dei legamenti e perdita del tono muscolare, aumento ponderale. Si può mettere il piede in protezione: leggero rialzo posteriore, suola “consistente”, utilizzo prolungato di calzature idonee, riposo, plantari, micro ortesi in silicone, approccio farmacologico, trattamento fisioterapico. L’utilizzo di un plantare permette di ripristinare, nei limiti del possibile, l’allineamento articolare, ad interim in caso di incidente occasionale e, talvolta, anche in caso di difetto acquisito recuperabile (aspetto riabilitativo). Permette, inoltre, di compensare le anomalie torsionali o angolari dei segmenti a monte, riallineando funzionalmente l’appoggio del piede nel caso di difetto torsionale o angolare (aspetto compensatorio). Il plantare permette di scaricare e contenere una deformità scheletrica. Le micro ortesi al silicone vengono utilizzate per il riallineamento metatarso-falangeo, il distanziamento nel caso di affollamento falangeo, lo scarico di aree problematiche dal punto di vista dermatologico, per evitare il contatto con la tomaia della calzatura.

 Una volta trovata una scarpa che funziona, non la si deve più abbandonare. I plantari correttivi vanno utilizzati solo quando servono, non a scopo preventivo, per evitare danni al ginocchio. Non si deve coprire il sintomo, ma va capito il perché della sua comparsa. Il bambino nasce con il piede piatto, che, poi, in assenza di problemi diviene cavo. Il plantare correttivo non va mai applicato ai bambini. L’uso di alcuni antibiotici può causare tendinosi e rottura dei tendini, come del resto può causare danni il fumo di sigarette.

Simona Mrakic Sposta, segretaria della Società Italiana di Medicina di Montagna (S.I.Me.M.) e ricercatrice del Cnr, ha presentato un questionario sui piedi, uno strumento di indagine anonimo e autogestito, ideato e realizzato dalla S.I.Me.M.e dalla commissione medica della SAT (Società Alpinisti Trentini) da somministrare ai frequentatori della montagna. Si dovranno analizzare almeno 500 questionari, ovviamente compilati.

Chiara Turrini ha, poi, letto “la lode dei piedi” di Erri De Luca, accompagnata dalla chitarra del musicista cubano Alberto Ernandez.

Franco Finelli, past president della commissione centrale medica del CAI, ha parlato del “Piede dell’anziano”. Il relatore ha citato Abele Biquila, l’atleta scalzo che vinse la maratona di Roma nel 1960 e nel 1964 quella di Tokyo. Morì a 41 anni per un’emorragia cerebrale.

La terza età incomincia a 75 anni (Corriere della Sera, 2010). La nuova definizione dinamica del concetto di anzianità (la soglia da 65 anni a 75 anni) meglio si adatta alle attuali performance fisiche e mentali dell’uomo e della donna che vivono in paesi sviluppati dal punto di vista economico e alla situazione demografica della popolazione italiana (età in generale nei paesi ad alto sviluppo economico). Le previsioni sul futuro demografico in Italia restituiscono un potenziale quadro di crisi: la popolazione residente è in decrescita da 59,6 milioni al 1° gennaio 2020 a 58 milioni nel 2030, a 54,1 milioni nel 2050, a 47,6 milioni nel 2070. Il rapporto tra giovani e anziani sarà 1 a 3 nel 2050, mentre la popolazione in età lavorativa scenderà in 30 anni dal 63,8 al 53,3% del totale. Il 2048 potrebbe essere l’anno in cui i decessi potrebbero doppiare le nascite: 784mila contro 391mila. Oggi si considera anziana una persona che abbia compiuto i 65 anni. Attualmente si vive di più, ma con più patologie. Gli italiani si ammalano di più perché vivono più a lungo. Si ha più tempo per accumulare malattie. La senescenza, processo dinamico dell’invecchiamento, incomincia nell’infanzia, mentre la vecchiaia, situazione finale, acquisita e definitiva del processo di invecchiamento, inizia più tardi.

Il piede è un “organo cibernetico”, che regola i rapporti del nostro organismo con l’ambiente esterno, raccogliendo molti stimoli. L’armonico funzionamento della sua complessa struttura (26 ossa, articolazioni e legamenti, muscoli, vasi e nervi) permette numerose attività indispensabili al benessere fisico: stazione eretta, marcia, corsa, impulso e ricezione del salto.

Nell’anziano si possono verificare più patologie concomitanti: vascolari, osteoarticolari, neurologiche, metaboliche che possono provocare seri danni ai piedi.

Esistono il piede diabetico, il piede neuropatico, il piede neurologico, il piede vascolare, il piede neuro-vascolare, il piede gottoso. Il piede diabetico presenta alterazioni anatomo-funzionali secondarie alle complicanze croniche del diabete (vasculopatia e neuropatia) con il concorso di fattori locali fisico-chimici e infettivi. È presente nel 20% dei soggetti diabetici. Oltre il 50% delle amputazioni non traumatiche si verificano proprio nei soggetti con piede diabetico. Il piede neuropatico presenta una riduzione o abolizione della sensibilità tattile, termica, dolorifica, vibratoria e dei sintomi motori e trofici a livello muscolare. La perdita della sensibilità favorisce l’insorgenza di lesioni della cute. Il deficit neuro-motorio determina a livello dei muscoli estensori, flessori e interossei del piede squilibri funzionali, con alterazioni anatomo-funzionali dei metatarsi e delle dita (dita a martello o ad artiglio). Le zone di callosità o ipercheratosiche si formano perché la pressione esercitata dalla forza di gravità sulla superficie plantare risulta fortemente squilibrata per cui alcune zone vengono sottoposte a maggiore pressione. Il piede vascolare è dovuto a un’arteriopatia cronica ostruttiva che interessa i vasi più distali in maniera multisegmentale e simmetrica. Tra i fattori di rischio: fumo, ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, obesità, iperglicemia, iperinsulinemia, iperfibrinogenemia, radicali liberi. L’osteopatia neuropatica o morbo di Charcot è caratterizzata da una distruzione ossea talora bilaterale, con dispersione dei frammenti nelle parti molli.  Seguono una degenerazione e fibrosi della cartilagine articolare, infiltrazione ed edema della capsula e dei legamenti, neo-formazione di osso e calcificazioni periarticolari, con conseguenti deformazione del piede, sublussazioni, lussazioni e deviazioni. Si consiglia l’utilizzo di calzature adeguate, e dei bastoncini telescopici, al fine di evitare un sovraccarico a livello delle articolazioni e per ottenere una maggiore stabilità nei movimenti. È buona cosa fare stretching prima e dopo l’esercizio fisico, in particolare nel caso dell’arrampicata. Possono essere presenti l’artrite psoriasica, l’alluce valgo, tumori localizzati al piede o la sarcopenia dell’età avanzata, dovuta a una graduale riduzione della massa muscolare che viene sostituita dalla massa adiposa. Importanti una corretta scelta dei nutrienti e una idonea idratazione. Il fabbisogno calorico nel soggetto anziano è minore rispetto a quello di un soggetto giovane. È opportuno cercare di mantenere il proprio peso forma. Vanno seguite le linee guida gerontologiche di nutrizione. La percentuale del cibo deve essere per l’80% del peso costituita da alcalogeni: frutta e verdura fresche, crude e cotte, biologiche, frutta secca ed essicata. Il 20% deve essere costituita da acidogeni: carni, formaggi, paste alimentari e zuccheri. Va ridotto il consumo di alcoolici, di cibi salati, evitando un’eccessiva cottura dei cibi stessi.

Le altitudini comprese tra 1000 e 2000 metri sono le più indicate, con un massimo dislivello compreso tra 500 e 600 metri.

È seguita la relazione di Lorenza Pratali, presidente della Società Italiana di Medicina di Montagna dal titolo “Quando i piedi ci mandano dei messaggi di avvertimento”. La relatrice ha sottolineato l’importanza della prevenzione. Nel corso dell’evoluzione il tendine di Achille ha cambiato la sorte dell’Homo Sapiens: “Born do run!”. La lavanda dei piedi aveva un tempo un’accezione religiosa.  La cultura cinese nutriva una venerazione per il piede. I piedi sono strettamente collegati a organi e visceri. La loro attività serve come prevenzione alle malattie. In media un uomo percorre dai 3000 agli 8000 passi al giorno. I due terzi degli occidentali ha problemi ai piedi. La camminata e la corsa riducono, infatti, il rischio e la mortalità per malattie nell’uomo, in particolare quelle cardiovascolari. È consigliato camminare almeno 20 minuti al giorno per combattere sedentarietà e obesità. Il guardare la televisione per i bambini è il sostituto del giocare in cortile. La pubblicità dei prodotti alimentari poveri di nutrienti e ipercalorici stimola l’assunzione di cibo inappropriato. La televisione invita a mangiare “senza cervello o in modo inconsapevole, favorendo l’epidemia di obesità”. Anche l’utilizzo del computer ha un effetto negativo.

Il telomero è la regione terminale del cromosoma composta da DNA. Ha un ruolo determinante nell’evitare la perdita di informazioni durante la duplicazione dei cromosomi. Se non ci fossero i telomeri la replicazione del DNA comporterebbe dopo ogni replicazione una significativa perdita di informazione genetica. Diversi studi hanno dimostrato che il progressivo accorciamento dei telomeri ad ogni ciclo replicativo sia associato all’invecchiamento cellulare (fase di senescenza). Il telomero rappresenta l’orologio biologico dell’organismo. Nel corso della gara di endurance Tor des Geants, una competizione lunga 330 chilometri con 24.000 metri di dislivello, sono stati misurati i telomeri nei finisher. In questi soggetti è stato rilevato un accorciamento dei telomeri che sono, successivamente ritornati alla loro lunghezza normale. Nel corso dello studio effettuato dal Cnr si è riscontrato che i telomeri degli atleti sono più lunghi di quelli dei sedentari.

I piedi possono lanciare messaggi di avvertimento come nel caso del piede diabetico. Alla fine di ogni attività vanno controllati. La commissione medica dell’U.I.A.A. ha steso alcune raccomandazioni per chi va in montagna, parlando anche dei piedi.

 Infine Lorenza Pratali ha presentato tre casi clinici (diabete, scompenso cardiaco, trombosi venosa) e ha parlato di alcuni incidenti ai piedi in alcuni partecipanti alla gara di endurance Trans Pyrenées, lunga 866 chilometri, con un dislivello di 52.900 metri, disputata tra Francia e Spagna. Opportuno è effettuare prima della partenza per un lungo cammino una valutazione da parte di uno specialista. È, inoltre, indicato controllare gli arti inferiori durante la permanenza in alta quota nel corso di trekking o spedizioni alpinistiche. Vanno tenuti sotto controllo i soggetti con disturbi trombofilici pre-esistenti con uno stato procoagulante.

Ha concluso il convegno la relazione di Maria Chiara Pavesi, psicologa del CNSAS, dal titolo “Con i piedi per terra: benefici per il corpo e per la mente”.  La relatrice ha fatto presente l’importanza di imparare ad ascoltare i piedi. Sono organi di senso e di moto. Costituiscono un’occasione per sentire, per entrare in connessione con l’ambiente. “Il primo passo non ti porta dove vuoi, ma ti porta dove sei”. La relatrice ha ricordato lo stato di benessere che si prova quando si sta a piedi nudi su un prato.

 

4.06.23