Pioniere, fisiologo, alpinista, ecco chi era Alexander Kellas.

Adorato da alcuni suoi contemporanei, mentalmente poco stabile, Kellas ebbe intuizioni riguardanti la fisiologia in alta quota che la scienza ha confermato anni dopo la sua morte.

Uomo dal cuore gentile, merita di non essere dimenticato.

 

Fu un chimico scozzese, un esploratore e un alpinista conosciuto per i suoi studi riguardanti la fisiologia dell’alta quota.

Nacque ad Aberdeen, in Scozia, il 21 giugno del 1868 e fu ritenuto uno dei massimi esperti di alpinismo himalayano della Gran Bretagna di inizio Novecento.

Arthur Robert Hinks, astronomo e geografo britannico, lo definì un ometto molto ostinato.

George Mallory, prestigioso nome dell’alpinismo inglese, scrisse di Kellas in una lettera alla moglie:

Kellas, lo adoro già. È scozzese oltre ogni immaginazione, poco raffinato nel linguaggio-assolutamente poco raffinato.

È arrivato ad una cena ufficiale con dieci minuti di ritardo, e tutto in disordine, essendo giunto direttamente da Grom, un piccolo villaggio distante sei chilometri. Il suo aspetto costituirebbe un modello perfetto per il personaggio del chimico in una farsa teatrale. È di costituzione davvero gracile, basso, esile; ha la schiena curva ed il torace stretto; la sua testa…è resa grottesca da enormi occhiali e da lunghi e affilati mustacchi. È una persona assolutamente devota e disinteressata.

Studiò all’Heriot Watt College a Edimburgo e si laureò in chimica a Londra nel 1892.

Incominciò a lavorare con il professor William Ramsay, studiando i gas inerti (argon, elio, neon).

Nel 1897 conseguì il PhD a Heidelberg, dove soggiornò per un anno.

Dal 1897 al 1898 fu presidente della Chemical-Physical Society.

Fu professore di chimica al Middlesex Hospital di Londra, dove insegnò agli studenti della facoltà di medicina.

Raramente si cimentava a scrivere relazioni sulle sue ascensioni se non dal punto di vista medico-scientifico.

Le sue ambizioni letterarie si limitavano a brevi note sull’Alpine Journal. Non scrisse libri sulle sue imprese, nel corso delle quali ripercorse le spedizioni di Albert Frederick Mummery, John Norman Collie, Tom Longstaff e altri alpinisti. Si occupò, invece,della stesura di tre testi di chimica: “Introduction to practical chemistry” (1909), “A manual of practical inorganic chemistry: including preparations and qualitative analysis with the rudiments of gas analysis” (1909), “Introduction to practical organic chemistry” (1910).

Fu un appassionato fotografo.

Morì il 5 giugno del 1921 a 53 anni per un’insufficienza cardiaca in seguito a una grave dissenteria contratta durante il viaggio, nei pressi del villaggio di Kampa Dzong in Tibet, lungo la strada che conduce dal Sikkim all’Everest.

Si era messo in viaggio dopo solo 9 giorni dal ritorno da una dura spedizione al Kabru.

Gli mancava solo un giorno di cammino per poter vedere l’Everest per la prima volta.

Subito dopo la sua morte venne giudicato il più grande alpinista scozzese.

Effettuò salite in stile alpino e fu il primo a prendere in considerazione le capacità degli Sherpa.

Non fu secondo a nessuno nella conoscenza della fisiologia dell’alta quota in quell’epoca.

La sua attività alpinistica incominciò nelle Cairngorm Mountains, in Scozia, per, poi, estendersi alle Alpi, alle montagne del Sikkim e del Garhwal.

 

Kellas e i suoi portatori

 

Kellas analizzò le doti di scalatori degli Sherpa, descrivendoli, già nel primo decennio del ‘900, come più efficienti coolie (portatori) rispetto agli alpinisti europei.

Raccomandava di scegliere portatori buddisti piuttosto che gli Indù, in quanto questi ultimi, come lui diceva, provocavano difficoltà dovute a una dieta relativamente rigida che per certi versi non si adatta alle altitudini elevate.

Riteneva che portare guide alpine europee in Himalaya non fosse conveniente.

Nel 1907 portò in Himalaya guide svizzere, ma con cattivi risultati.

Gli Sherpa non si legavano in cordata anche su pendii ripidi.

Imparò a mangiare lo scarso cibo delle montagne, per esempio cucinando il rabarbaro con tapioca a pranzo.

Preferì eliminare la carne, imparando dai nativi l’utilizzo di una dieta vegetariana.

Fornì i portatori e le guide di un adeguato equipaggiamento.

Li rispettava e amava scherzare con loro.

Fu un alpinista molto resistente e solitario.

È considerato il “primo martire dell’Everest”.

Nella piena età adulta sviluppò una psicosi, ma anche la sua giovinezza fu problematica e, nel complesso, l’intera sua esistenza fu irta di difficoltà, tant’è che non di rado venne emarginato e, addirittura, nel 1920 dovette smettere di lavorare per motivi di salute.

 Le spedizioni di Kellas prepararono la strada alla salita del Kangchenjunga e dell’Everest.

Effettuò la prima salita di diverse montagne di oltre 6000 metri.

I suoi viaggi avventurosi, iniziati nel 1907, portarono a esplorazioni e scoperte, con un notevole impatto sull’alpinismo di allora.

Nel 1918 stilò un documento riguardante i nomi delle montagne himalayane“, mantenendo i nomi pensati dai nativi.

La sua figura venne ricordata nel 2003 in occasione del cinquantesimo anniversario della conquista dell’Everest.

 

Kellas e le Alpi

 

Prima del 1899 Kellas aveva salito le vette del Pilatus (2128 metri), del Brevent (2525 metri), e dell’Unter-Rothorn (3100 metri).

Nel 1899 raggiunse la vetta del Breithorn (4159 metri) accompagnato dalla guida alpina Friedrich Imboden di St. Niklaus, Mattertal.

Nel 1900 Kellas fece ritorno nell’Oberland Bernese Orientale, salendo il Galminhorn (3486 metri) e il Finsteraarhorn (4273 metri).

Nel 1901 si recò di nuovo sulle Alpi, ma non riuscì a raggiungere le vette del Monte Rosa a causa delle condizioni meteo avverse. Nel 1905 Kellas ha raggiunto la vetta del Monte Bianco in compagnia del fratello Henry, salendo dal versante francese, passando dal rifugio dei Grands Mulets, costruito nel 1850.

Nel settembre del 1908 Kellas fece ritorno sulle Alpi, montando una tenda sulla cima del Corvatsch, in Svizzera, per studiare le variazioni dei globuli rossi in altitudine.

Fu uno dei primi esperimenti realizzati dallo scienziato scozzese in alta quota.

 

L’alpinista inglese Douglas William Freshfield (1845-1934) fu un grande ammiratore di Kellas e, nel 1911, sostenne la sua candidatura all’Alpine Club, proponendolo come capo della prima spedizione di ricognizione nella zona dell’Everest nel 1921.

Douglas Freshfield fu un esploratore vittoriano che, a 54 anni, realizzò la circumnavigazione del Kangchenjunga, partendo dal Sikkim, in compagnia del fotografo italiano Vittorio Sella.

 

Il pioniere dell’ossigeno

 

Collaborò con il fisiologo John Scott Haldane (1860-1936), realizzando esperimenti sull’ipossia.

Fu determinante per la progettazione dell’attrezzatura che sarebbe stata portata al seguito della spedizione di ricognizione nella zona dell’Everest del 1921.

Fu il primo sostenitore dell’utilizzo dell’ossigeno per l’alpinismo e lavorò con Orde Lees, studiando le apparecchiature per la sua erogazione.

George Ingle Finch e Geoffrey Bruce verificarono l’efficacia dell’ossigeno supplementare nel corso della spedizione all’Everest del 1921.

Nell’immediato dopo guerra Kellas ebbe l’opportunità di utilizzare una camera ipobarica presso il Lister Institute di Londra con John Scott Haldane e Ernest Laurence Kennaway (26-29 aprile 1919).

Studiò l’acclimatazione lenta e discontinua, con esposizioni a pressioni atmosferiche progressivamente più basse (3536, 4877, 6400, 7620 metri) nel corso di quattro giorni.

I risultati dello studio vennero pubblicati sul Journal of Physiology.

Haldane concluse che a una quota di 7620 metri vi era una chiara indicazione all’utilizzo dell’ossigeno supplementare, che rimase, tuttavia, oggetto di discussione fino al 1953.

Kellas sperimentò due tipi di apparecchiature per l’ossigeno: la prima era ossigeno gassoso immagazzinato sotto pressione in cilindri d’acciaio, la seconda era un sistema di produzione del gas dalla reazione chimica a partire dal perossido di sodio in un dispositivo chiamato «sacca Oxylithe» (produzione di particelle di soda caustica).Non poté salire abbastanza in alto per testare in modo adeguato i suoi cilindri, talmente pesanti da annullare completamente i vantaggi forniti dall’ossigeno artificiale. Nel corso della spedizione all’Everest venne utilizzato l’apparecchio realizzato dal Ministero dell’Aviazione (15 chilogrammi l’uno) con quattro cilindri (che simulavano una quota di 4500 metri), tubi e valvole di regolazione e maschere facciali.

 

L’etica by fair means, ovvero senza l’uso di mezzi artificiali

 

George Mallory vedeva nell’ossigeno supplementare un affronto allo spirito umano ed un attacco della scienza ai valori della natura, ma questo non interferì sul giudizio dei tedeschi su Kellas: in Germania era conosciuto e apprezzato.

Nel 1917 pubblicò “A consideration of the possibility of ascending the Loftier Himalaya”.

Nel 1920 venne invitato a Monaco in occasione dell’International Alpine Congress per presentare un suo scritto dal titolo “A consideration of the possibility of ascending mount Everest”.

Nel 1935 Paul Geissler pubblicò sul “Deutschen Alpenzeitung” un articolo dal titolo “Alexander M. Kellas, ein Pionier des Himalaja”.

Quando l’Everest venne conquistato nel 1953 in pochi si ricordarono di Alexander Kellas, il primo uomo che morì nel corso della spedizione all’Everest nel 1921.

Venne, invece, celebrato insieme a Mallory e Irvine con un memorial presso il Rongbuk Glacier.

 

L’apprendistato in montagna

 

Nel 1885 Kellas effettuò a soli 17 anni, in compagnia del fratello Henry, un’escursione da Ballater allo Shelter Stone (35 miglia in 12 ore), nella Scozia nordorientale.

Nel 1885 realizzò un viaggio sempre con Henry nelle Cairngorm Mountains.

Nell’aprile del 1895 con i chimici Norman Collie e Morris William Travers salì il Ben Nevis in Scozia.

Nel 1901 salì il Galdhoppigen in Norvegia.

 

Le spedizioni tra il 1907 e il 1911

 

Nel 1907, a 39 anni, realizzò il suo primo viaggio in Himalaya (Pir Panjal mountains, in Kashmir) e fotografò le cime del Nun Kun e del Nanga Parbat, mentre non gli riuscì, come avrebbe voluto, di salire il Kanchenjunga, la terza montagna del mondo, dal versante occidentale.

Nel 1909 fece ritorno in Sikkim, salendo il Langpo peak (6398 metri).

Aleister Crowley, che partecipò nel 1902 a una spedizione al K2 e nel 1905 a una spedizione al Kanchenjunga, fu uno degli ispiratori delle spedizioni di Kellas.

Nel 1909 Kellas visitò il Sikkim per la seconda volta e salì il Langpo peak (6965 metri).

Nel 1911 effettuò la terza spedizione in Sikkim per salire il Sentinel peak (6490 metri), il Puhunri (7120 metri) e il Chomiumo (6829 metri). Sul Kamet (7756 metri) fece una prima ricognizione nello stesso anno. A detta dei suoi biografi fu questo il suo annus mirabilis.

 

Le spedizioni tra il 1912 e il 1914 el a Prima Guerra Mondiale

 

 

Nel 1912 affrontò la terza spedizione in Sikkim per salire il Kangchenjhau (6919 metri). Nel corso della discesa dalla vetta il 10 agosto del 1912 uno dei due Sherpa scivolò trascinando per più di 300 metri Kellas e l’altro portatore. La cordata provocò una valanga, ma rimase illesa.

Nel 1913 e nel 1914 Kellas organizzò due nuove spedizioni in Sikkim, di cui poco si conosce.

Nel 1914 effettuò una spedizione nella regione del Kamet e nella zona del Nanga Parbat.

Kellas scrisse il documento The mountains of Northern Sikkim and Garhwal, letto il 1° aprile del 1912 alla Royal Geographical Society e pubblicato nella edizione di settembre del Geographical Journal.

Durante la Prima Guerra Mondiale lavorò presso il Middlesex College Hospital a Londra e fece parte dell’Hampstead Volounteers.

Il 6 agosto 1915 il fratello più giovane Arthur venne ucciso da un cecchino nel corso della campagna dei Dardanelli.

 

La spedizione al Kamet nel 1920

 

La spedizione al Kamet, nella regione del Garhwal Indiano (7756 metri) venne organizzata nel 1920 con Henry Treise Morshead.

In tale occasione fu sperimentato l’uso dell’ossigeno, e vennero studiati la dieta e la performance fisica, l’acclimatazione e il male di montagna.

Prima di partire Kellas fu visitato dal professor Ashley

 MacIntosh, affermato medico della Aberdeen University, a

causa del suo stato di salute. Il medico lo dichiarò idoneo.

La spedizione non ebbe successo a causa di rallentamenti e di problemi logistici.

I dati raccolti vennero pubblicati nel febbraio del 1921.

L’esperienza fu, comunque, di grande aiuto circa l’utilizzo dell’ossigeno supplementare in alta quota, in previsione della imminente spedizione all’Everest.

 

Le ultime spedizioni tra il 1920 e il 1921

 

Dopo l’insuccesso della spedizione al Kamet, Kellas, all’inizio di novembre del 1921, si ritirò presso il Pines Hotel a Ghum, vicino a Darjeeling, gestito da uno scozzese.

Trascorse tutto l’inverno in India e si tenne in costante contatto con Arthur Hinks della Royal Geographical Society e con Norman Collie dell’Everest Committee.

Dopo la spedizione al Kamet, nell’aprile del 1921 intraprese un viaggio nella regione del Kabru, per poter osservare e fotografare la regione dell’Everest.

Kellas diede indicazioni circa la via da seguire durante la marcia di avvicinamento all’Everest (Tibet, Jelep La), suggerendo la quota dove porre il campo base (22,500 piedi, 6858 metri).

Suggerì, inoltre, di non utilizzare guide europee.

Douglas Freshfield propose Kellas come capo-spedizione, ma Farrar si oppose.

In precedenza, nel giugno del 1910, Kellas mandò una delle sue guide ad esplorare i ghiacciai situati nella regione orientale dell’Everest; vennero scattate alcune fotografie, pubblicate nel maggio del 1919 nel Geographical Journal.

Al tempo di Kellas gran parte della catena himalayana era difficile da raggiungere; per esempio il Nepal e il Bhutan erano completamente chiusi agli stranieri. Anche entrare in Tibet era difficile. Le regioni più facili da raggiungere erano il Karakoram, il Kashmir e il Garhwal a ovest e il Sikkim a est, territori dominati dal Regno Unito (definiti British India).

Il 1921 fu anche l’anno della sua morte.

 

La ricognizione aerea

 

Kellas presentò un piano per una ricognizione aerea sulla catena himalayana, che venne letto il 18 marzo 1918 nel corso di un convegno della Royal Geographical Society. Kellas individuò nell’aeroplano un nuovo e potente mezzo di ricognizione. Trovò alcune possibili zone di atterraggio tra la grande catena himalayana e il Ladakh. Verificò che non vi erano particolari difficoltà di volo per i piloti al di sotto dei 22,000 piedi (6705 metri), se adeguatamente acclimatati. Gli aviatori presenti si dimostrarono scettici, mentre gli alpinisti furono molto entusiasti. Alla fine la proposta non venne accettata. Le prime ricognizioni aeree ebbero luogo nel 1933 nel corso della spedizione di Houston.

 

 

La ricognizione sul monte Everest nel 1921 

 

La spedizione venne guidata da Charles Howard-Bury, che ebbe enormi meriti nel campo della ricognizione del terreno, stabilendo l'esistenza di una possibile via di salita che, partendo dal corpo principale del ghiacciaio Rongbuk, attraverso la lingua orientale di questo, giungeva fino al Colle Nord, da dove si sarebbe potuto proseguire per cresta fino in vetta.

I membri della spedizione furono: Bullock, Morshead, Wheeler, Mallory, Heron, Wollaston, Howard-Bury, Raeburn, Kellas.

 

Kellas, grande organizzatore, conobbe molto bene (pur senza esserci mai stato) la regione dell’Everest, consultando mappe e scattando fotografie da lontano.

Fu la prima di una serie di spedizioni aventi come scopo l'esplorazione geografica e l'ascensione dell’Everest. Sandy Wollaston fu il medico della spedizione. George Mallory raggiunse il colle Nord a 7005 metri. Il cambiamento di clima e la cattiva cucina causarono problemi gatroenterici a tutti i membri della spedizione, in particolare a Kellas.

Il punto di partenza della spedizione fu Darjeeling, in India, il 18 maggio 1921.

Da Gangtok, capitale del Sikkim, a Khamba Dzong e poi al campo base nella valle di Rongbuk. La marcia di avvicinamento era lunga 480 chilometri.

Il Dalai Lama garantì il permesso di entrata in Tibet.

 

L’intuizione di Kellas

 

Sono dell’opinione che l’Everest possa essere scalato senza aiuti, ma che per raggiungere una quota compresa tra i 25,000 (7620 metri) e i 29,000 piedi (8839 metri) occorra mantenere una velocità oraria media compresa tra 300 (91 metri) e 350 piedi (107 metri), così sostenne Kellas, con un’intuizione che, anni dopo, altri grandi della montagna confermarono.

Quando Reinhold Messner e Peter Habeler misero piede sulla cima dell’Everest, 25 anni dopo la prima salita (1953), verificarono quanto Kellas aveva ipotizzato con i suoi studi: l’Everest può essere scalato da un uomo dotato di eccellente forma fisica e mentale, senza ausili qualora le difficoltà della montagna non siano troppo elevate, o con l’utilizzo di ossigeno supplementare in caso di difficoltà alpinistiche sostenute.

 

Il ruolo di Kellas nella storia dell’alpinismo

 

John Noel nel libro Through Tibet to Everest del 1927 affermA che Kellas avrebbe potuto salire l’Everest.

Altri studiosi sostengono che la saggezza e la conoscenza dell’Himalaya di Kellas e l’audacia di Mallory sarebbero stati vincenti per raggiungere la vetta dell’Everest.

Kellas fu riconosciuto quale grande fisiologo dell’alta quota.

 Riteneva che gli ostacoli riguardanti la salita delle più alte montagne himalayane dipendono da impedimenti di tipo fisico e dalla necessità di un appropriato adattamento.

Kellas individuò la via d’accesso all’Everest (Nepal, Tibet), indicando il periodo dell’anno più idoneo: da aprile a giugno o da agosto a ottobre.

Riguardo alle difficoltà alpinistiche, affermò che l’Everest, lungo la via normale, è più facile da salire rispetto ad altre grandi montagne himalayane.

 

Una vetta in ricordo Kellas Rock Peak (6680 m.)

 

Il Kellas Rock Peak (6680 metri), una vetta situata di fronte all’Everest, salita da Mallory e Bullock nel 1921, venne dedicata al grande alpinista himalayano.

La montagna venne, poi, scalata nel 1935 da alpinisti appartenenti a una spedizione guidata da Erik Shipton.

Un memorial, posto ai piedi del ghiacciaio di Rongbuk e distrutto nel corso degli ultimi anni, venne eretto per ricordare Alexander Kellas, Mallory, Irvine e sette Sherpa morti tra il 1922 e il 1924: Lhakpa, Narbu, Pasang, Pema, Sange, Temba, Dorge, Samshar, Manbahadur.

 

Bibliografia:

 

•       Jill Neate, High Asia: An illustrated guide to the 7,000 metre peaks, The Mountaineers, 1989, ISBN 0-89886-238-8.

•        Meher Mehta (Vice President, Himalayan Club), "The Lure of Kamet," in the Kamet Commemorative Souvenir, Kolkata Section, Himalayan Club, 2006; 160 pages. (Commemorating 75 years after the first ascent; an exhaustive anthology of articles by famous mountaineers, plus maps, routes and rare historical photographs, including those taken by Frank Smythe.)

•        "Caledonian Mercury, 17 November 2010". Archived from the original on 2014-05-24. Retrieved 2014-05-23.

•       John B West (1989) A M Kellas: Pioneer Himalayan Physiologist and Mountaineer, The Alpine Journal xx, 207-213.

•       George W. Rodway (2003) Alexander M. Kellas: seeking early solutions to the problem of Everest, The Britain-Nepal Society Journal, 27, 17-20.

•       George W. Rodway and Ian R Mitchell (2011) Prelude to Everest; Alexander Kellas (Luath Press); a full-length biography of Kellas

•       Peter and Leni Gillman, ‘The Wildest Dream’ (2000)

•       John Noel, ‘Through Tibet to Everest’ (1927)

•       Alexander Kellas, ‘A Consideration of the Possibility of Ascending Mount Everest’, Alpine Congress (1920)

•       Alexander Kellas, Letter to A Landsborough Thomson, 20th Nov 1919

•       “The most modest man that ever travelled the Himalaya” - quote about Kellas by climber Geoffrey Bruce.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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