In alta quota da zero a cento anni

In un recente convegno si è affrontata la questione dei cambiamenti climatici che hanno investito la montagna, modificando le regole di prevenzione dei rischi

 

G.C. Agazzi

 

Sabato 4 maggio 2019 ha avuto luogo presso la sala Anna Proclemer del Tetro Sociale di Trento il consueto Convegno della Società Italiana di Medicina di Montagna. L’evento dal titolo “Il cambiamento climatico e la frequentazione della montagna da 0 a 100 anni” è stato organizzato in occasione del Trento Film Festival 2019.

Hanno avuto inizio i lavori dopo i saluti di introduzione di Antonella Bergamo, vicepresidente della Società Italiana di Medicina di Montagna (S.I.Me.M.), di Lorenza Pratali, presidente della S.I.Me.M., di Guido Giardini, presidente della Fondazione Montagna Sicura, e di Carlo Ancona, rappresentante del Consiglio Direttivo della manifestazione.

Guido Giardini ha ricordato Greta Thumberg, la ragazza svedese che ha dato il via alla protesta dei giovani contro il cambiamento climatico. Ha parlato delle centoventicinquemila cartoline spedite da un gruppo di giovani dalla Jungfrau, nell’Oberland Bernese, in Svizzera, riportando all’attenzione la sofferenza dei ghiacciai in risposta alla nuova condizione climatica. Le grandi trasformazioni che coinvolgono l’orografia hanno portato a modificare i percorsi di accesso ai rifugi delle Alpi.«Questi cambiamenti hanno anche un forte impatto sulla salute delle persone» ha affermato il relatore. La rivista scientifica inglese Lancet ha creato un gruppo di lavoro di scienziati che si riuniscono due volte all’anno per decidere come preservare la salute delle persone. Giardini ha voluto ricordare la convenzione che è stata sottoscritta tra la S.I.Me.M. e la Fondazione Montagna Sicura che prevede anche protocolli di ricerca. Il Monte Bianco rappresenta un eloquente riferimento del cambiamento climatico. E’un sito ecologico davvero formidabile per valutare quanto sta accadendo e quindi si configura come un modello per la ricerca.

E’, poi, intervenuto il geologo e glaciologo del Muse di Trento, Christian Casarotto con una relazione dal titolo “I cambiamenti climatici e la Montagna”. Il relatore ha affermato che i ghiacciai costituiscono la manifestazione più eclatante del cambiamento climatico. La montagna sta cambiando rapidamente giorno dopo giorno. I ghiacciai rappresentano un conto in banca con delle entrate (le nevicate dell’inverno) e delle uscite (l’acqua persa per fusione nel periodo estivo). Nel corso degli ultimi anni non si è mai osservato un bilancio positivo. Casarotto ha portato come esempi il ghiacciaio dell’Aletsch, in Svizzera, il più grande ghiacciaio delle Alpi, il Pian di Neve in Adamello, la Marmolada, e i ghiacciai della Val d’Aosta che negli ultimi decenni si stanno riducendo in modo vistoso e rapido. I ghiacciai delle Dolomiti di Brenta hanno subito una riduzione dell’86 %, quelli dell’Adamello del 64%, il ghiacciaio del Careser del 75%. In seguito a questo fenomeno di scioglimento si formano dei calderoni, dei buchi che compaiono sui ghiacciai, che creano problemi al passaggio degli alpinisti. Le zone crepacciate aumentano. Le vie di accesso ai rifugi devono subire delle variazioni e anche l’apertura stagionale di questi sta cambiando.

Jean Pierre Fosson, segretario della Fondazione Montagna Sicura di Courmayeur (Ao), ha parlato dei danni causati nei pressi del ghiacciaio dell’Aletsch in Svizzera a causa di una frana che ha determinato un grande scenario di rischio per gli impianti sciistici di Rideralp. “Si stanno verificando importanti ripercussioni sulla fruizione della montagna. Le precipitazioni nevose attualmente avvengono sempre in più alto e le valanghe sono di tipo diverso rispetto al passato”. La stabilità di alcuni rifugi è messa a rischio dallo scioglimento del permafrost, come nel caso della Capanna Gnifetti o della capanna Margherita nel massiccio del Monte Rosa. Occorre attuare una riduzione delle forzanti antropiche e stabilire una collaborazione internazionale. Per quanto riguarda le vie di accesso ai rifugi alpini si sta assistendo sempre più alla comparsa di passerelle per facilitare l’accesso agli stessi. Vanno attuate soluzioni strutturali per porre rimedio alla vulnerabilità della struttura dei rifugi. La metà dei rifugi che si trovano in quota hanno problemi di accessibilità. Ci si sta chiedendo chi sia responsabile della messa in sicurezza dei rifugi e delle relative vie di accesso. Si sta pensando a dei questionari per i gestori dei rifugi circa la percezione dei cambiamenti climatici. Sono state definite venti buone pratiche di adattamento. Occorrono nuovi equipaggiamenti. Fosson ha citato quale esempio la Monte Rosa Hütte, un rifugio molto tecnologico, un vero gioiello di architettura, che sorge a 2883 metri di quota ai piedi del versante svizzero del Monte Rosa, progettata dal Politecnico di Zurigo. Per accedervi sono state costruite una serie di scalette. Anche il rifugio del Requin in Francia ha dovuto attrezzare l’accesso con varie scale metalliche. Alcuni rifugi, con le variazioni delle vie di accesso, hanno avuto un maggiore afflusso di persone, come nel caso del refuge des Conscrits (2602 m.) nelle Alpi Francesi. Queste modifiche hanno resol a montagna più attraente agli occhi degli escursionisti. In Francia grosse difficoltà di accesso riguardano i rifugi del Gouter (3585 m.) e Durier (3358 m.). Molte le riflessioni e le domande ancora aperte circa tutte queste problematiche non indifferenti. Occorrono delle pratiche per rispondere alle varie criticità. I comportamenti della gente non sono idonei. Occorrono nuovi vettori per poter comunicare con i giovani. Va costruita una cultura della sicurezza in montagna. Le informazioni devono essere gestite facendo cultura, attraverso un percorso di conoscenza delle mutazioni della montagna in corso.

Fabrizio Troilo, geologo e glaciologo di Fondazione Montagna Sicura, ha portato alcuni esempi circa il cambiamento climatico in atto. Il lago effimero del Gran Croux Centrale nella valle di Cogne, nel Parco Nazionale del Gran Paradiso, nell’estate del 2018 ha creato non pochi problemi, per i quali sono state evacuate 60 persone. Il lago è attualmente monitorato tramite immagini satellitari. Attraverso la batimetria con geo-radar sono state fatte ricerche sul volume dell’acqua. Il livello di riempimento del lago viene sorvegliato anche con l’utilizzo di droni. Alla fine il lago è stato svuotato, scavando un canale nella roccia. In futuro andranno pianificati degli interventi per evitare il rischio straripamento. Troilo ha ricordato un fenomeno analogo accaduto nel ‘500 al lago di S. Margherita nella zona di La Thuile in Val d’Aosta. Ha quindi proseguito dicendo che le fonti di informazione devono essere recenti e aggiornate. “Ci si trova spesso di fronte a guide cartacee e non che hanno più di trent’anni e che si riferiscono a condizioni che non esistono più. Serve coinvolgere i professionisti della montagna”. In tempi recenti alcuni sindaci di villaggi alpini hanno deciso di vietare l’accesso a determinate montagne, ritenendole particolarmente pericolose, come già successo per il Cervino.

Per la seconda sessione del Convegno Giardini ha ceduto la parola di moderatore a Lorenza Pratali.

Franz De La Pierre, geriatra di Aosta e membro della Commissione Medica del CAI, ha presentato una relazione dal titolo “L’anziano in montagna alla luce del cambiamento climatico”. L’aspettativa di vita nel 2015 è stata di 80 anni. Nell’estate del 2003 in Francia molte sono state le morti tra gli anziani causate dal caldo eccessivo. In 10 anni si è registrato un incremento di due anni della vita media, ma non in buone condizioni di salute. Nel 2030 oltre il 20% della popolazione avrà più di 65 anni, ma si registrerà una progressiva diminuzione della capacità di adattamento all’ambiente a causa dei suoi cambiamenti. Si sta attualmente verificando un’aumentata vulnerabilità dei soggetti anziani. Va segnalato che lo stato di salute di questi soggetti viene condizionato dalle caratteristiche personali, dall’eredità genetica e dalla condizione di salute. Nell’anziano il sistema di termoregolazione è poco efficiente e ad aggravare questa condizione ci sono spesso malattie croniche e conseguente uso continuativo di farmaci che ne aumentano la fragilità. Nell’anziano si verifica una minore percezione del pericolo rappresentato dalle alte temperature, ciò a causa della presenza di disturbi cognitivi, delle condizioni socio-ambientali, delle abitudini di vita inveterate, di alcuni pregiudizi, e della testardaggine. L’anziano avverte in genere di meno la sete. Quando compare questa sensazione è già tardi, ovvero l’organismo è già disidratato. L’incidenza del colpo di calore è 12 volte più frequente in chi ha più di 70 anni. Altri elementi di impatto sulla salute sono l’aumentato tasso di umidità, la persistenza di elevate temperature per quasi tutta la giornata anche in zone un tempo considerate fresche, l’edilizia con barriere e l’inquinamento dell’aria. Si devono valutare il grado di idratazione e il rischio di disidratazione, individuando la tolleranza al calore. Va considerato anche il peso della comorbidità sulla terapia farmacologica. La scala CRS esprime un punteggio sulla comorbidità. I farmaci che possono avere un effetto negativo sono gli inibitori della pompa protonica, i diuretici, gli antipertensivi, gli immunodepressori, i neurolettici, e le benzodiazepine. Altri fattori condizionanti lo stato di salute dell’anziano sono lo stato socio-economico, il livello di istruzione, l’area geografica di appartenenza, il sesso. Vanno decise delle strategie per il “well-being”, tutelando il corretto stato di idratazione e l’equipaggiamento. E’ bene garantire una minore esposizione agli agenti inquinanti e controllare i luoghi che gli anziani vogliono frequentare, nonché il tipo di itinerari che intendono percorrere, considerata la loro minore agilità. In seguito ai cambiamenti climatici anche le infezioni da vettori biologici aumentano. La presenza delle zecche è aumentata anche a quote che possono arrivare fino 1700, con il rischio di trasmissione di alcune malattie quali la borreliosi (malattia di Lyme) o la encefalite TBE. Nelle zone di endemia della febbre gialla gli anziani manifestano una maggiore vulnerabilità. Altri fattori di rischio possono essere la qualità dell’acqua, la sicurezza del cibo, le alluvioni, le tempeste, gli incendi e le abitazioni inadeguate o l’isolamento. Si devono adottare strategie quali l’educazione sanitaria, i servizi socio-sanitari, la lettura/interpretazione dei bollettini meteorologici. Va implementato il grado di resilienza dell’anziano. La montagna è un luogo di recupero di benessere e sicuro. Va sviluppata la ricerca scientifica che si occupa degli anziani.

E’ seguito l’intervento del pediatra Donato Vinante, proveniente dalla Val di Fiemme (Tn), che ha presentato una relazione dal titolo “Da 0 a 16 anni consigli e trucchi per andare in montagna in sicurezza”. La montagna deve essere considerata per il bambino come una palestra, una specie di parco giochi che produce un apprendimento di un sano stile di vita e che fa acquisire una certa abilità motoria. La frequentazione della montagna può migliorare la capacità di coordinamento attraverso l’equilibrio, l’orientamento, lo spazio temporale, la coordinazione, il ritmo, la reattività agli stimoli.  La montagna aiuta, inoltre, a migliorare le capacità condizionali del bambino: la forza, la resistenza, la rapidità, la mobilità articolare, l’elasticità muscolo-tendinea. La montagna comporta, però, alcuni rischi per il bambino determinati in particolare dall’alta quota , dal meteo, dalla stagionalità, dalla distanza dai punti di primo soccorso e di ristoro. La maturazione del sistema cardio-respiratorio avviene dopo i due anni di età. Nel bambino il glicogeno è scarso e i sistemi metabolici sono diversi rispetto a quelli dell’adulto. Esistono anche aspetti psico-motivazionali particolari che hanno importanza nell’età evolutiva. Il relatore ha sottolineato che il bambino, dopo la nascita, ha già imparato ad affrontare le difficoltà, avendo superato lo stress del parto (i polmoni che si devono espandere, il sangue che deve andare in circolo dal cuore destro a quello sinistro). I bambini devono rispettare le varie fasi dell’acclimatamento alla quota. La quota in sé non è un problema, ma va affrontata con una certa cautela. L’uso del buon senso garantisce una certa sicurezza. I bambini affetti da asma stanno meglio in montagna, dove mancano allergeni e agenti inquinanti. Si deve, comunque, far notare che in certi casi, a causa delle mutate condizioni climatiche, si trovano gli acari in luoghi dove prima non esistevano. In montagna esiste una migliore fluidità dell’aria e si ha nell’organismo una maggior produzione di cortisolo. La termoregolazione del bambino è meno efficiente, come nell’anziano. Ecco perché i bambini soffrono di più il freddo e il caldo. E’ importante che si riparino con cappelli sia contro il freddo che contro i raggi solari. Si deve adottare un abbigliamento “a cipolla” per proteggersi dalla mutevolezza della temperatura montana. Occorre che il bambino si idrati in modo idoneo e si protegga dal sole, facendo attenzione alle scottature della pelle. Si devono usare creme protettive adatte, di qualità. Per quanto riguarda lo sci l’attrezzatura di qualità fa la differenza. Le vie ferrate non possono essere affrontate dai bambini di tutte le età, in quanto, fino ai sei anni di vita, la capacità di concentrazione è scarsa. Da tenere presenti i pericoli legati all’orografia. Servono l’uso del casco e un’attrezzatura adeguata al tipo di escursione: è utile anche avere con sé un kit di primo soccorso (disinfettante, cerotti, bende, forbici, fazzoletto grande per eventuali fasciature). Per quanto riguarda  l’idratazione, il bambino dovrebbe bere 100-250 ml. di liquidi ogni 20 minuti. L’alimentazione deve prevedere piccoli pasti contenenti carboidrati a rapido e lento assorbimento, sali e snack. Si deve evitare di rimanere senza forza e in difficoltà. Va calcolato il consumo di ossigeno in base al tipo di attività svolta. Occorre effettuare una valutazione corretta delle risorse e dei bisogni. Vanno verificate attentamente le condizioni meteo, consultando i vari bollettini sia d’estate che d’inverno. Ogni itinerario deve essere pianificato in modo corretto e adatto alle capacità del bambino.

E’, poi, intervenuta Antonella Bergamo, dermatologa, vicepresidente della S.I.Me.M. che ha parlato di “Colpo di calore…come prevenire e trattare”. Sarà certamente quello dell’eccesso di calore un problema del futuro per la sanità a causa dell’innalzamento delle temperature. “L’aumento di un grado in più delle temperature sul pianeta potrà produrre un incremento di morti  di oltre il 30%”. Negli ultimi trent’anni si è registrato un aumento della vulnerabilità dell’anziano in ogni regione. Anche i tumori della pelle sono in aumento. Si registra d’estate una fuga dei soggetti anziani dalla pianura verso la montagna per porsi al riparo dal calore. Se le emissioni di gas che causano l’effetto serra continueranno a crescere, si registrerà un aumento della morbilità e della mortalità degli anziani. In molte città è stata organizzata una campagna di prevenzione e creato un numero verde per prevenire gli effetti causati dall’aumento delle temperature.

Alex Cittadella, storico dell’Università di Udine, ha presentato una relazione dal titolo “Clima alpino, salute e fisiologia umana tra Illuminismo e Grande Guerra”. Il relatore ha parlato della storia delle Alpi tra clima e meteorologia. Ha affermato che è attualmente impossibile invertire la rotta e che la montagna è un laboratorio della natura. Ha parlato di Giuseppe Toaldo (1719-1797) e del suo predecessore Francesco Denza che hanno effettuato studi protoclimatici. Ha, poi, ricordato Horace Bénédict De Saussure e Gerolamo Venerio che, con i loro esperimenti, si sono interessati di meteorologia nella prima metà dell’Ottocento. Anche Francesco Maria Marcolini e il fisiologo Angelo Mosso (1846-1910) si sono dimostrati sensibili ai temi del clima. Infine, Cittadella ha parlato della Guerra Bianca.

Ha concluso i lavori del Convegno il fisico Andrea Vilardi dell’EURAC di Bolzano, che ha illustrato ai presenti il simulatore Terra X Cube, inaugurato lo scorso 6 aprile a Bolzano. Titolo della presentazione “Terra X Cube: nuove soluzioni per una montagna che cambia”. Il simulatore è in grado di riprodurre condizioni meteorologiche estreme con la finalità di effettuare studi di medicina di montagna, ma anche programmi di sperimentazione per l’industria, l’agricoltura e l’ambiente.

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