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SCRITTORI DI MONTAGNA SU LIBERTÀ E SENSO DEL LIMITE

Di Giancelso Agazzi

 

Il senso del limite in montagna può andare ben oltre la semplice esperienza sportiva, ma può assumere un ruolo centrale in una nuova dimensione etica e consapevole del rapporto tra l’uomo e la natura.

È stato il tema di un dibattito organizzato dal Gruppo Italiano di Scrittori di Montagna (GISM) organizzato venerdì 2 maggio 2025 alle ore 15 presso la sala Nones del Palazzo Benvenuti a Trento in occasione del Trento Film Festival 2025. Vi hanno partecipato Marco Blatto, presidente del GISM e membro del Groupe de Haute Montagne (GHM), Alessandro Gogna, alpinista, scrittore e guida alpina, Franco Michieli, geografo ed esploratore e Carlo Alberto Pinelli, regista, alpinista e ambientalista. Ciò che la montagna può insegnare a ognuno di noi è il senso del limite. Il limite a volte può condizionare il grado di libertà. L’alpinismo costituisce una libera scelta consapevole, una specie di autoprotezione anche nella selezione dei mezzi, un’attività che può essere utile per costruire un nuovo approccio alla montagna. La crisi climatica in atto impone decisioni e comportamenti diversi da quelli del passato, mediante l’adozione di un nuovo paradigma etico. L’avvento della tecnologia sta spingendo l’uomo ad alzare sempre di più l’asticella anche per quanto riguarda il proprio rapporto con la natura.

Franco Michieli ha deciso di non usare la tecnologia (GPS, orologio, bussola, mappe) orientandosi nei suoi viaggi esplorativi, come quello realizzato in Islanda, con il solo utilizzo dell’intuito, mediante l’osservazione del terreno e della natura, seguendo sole, nubi, vento, opponendosi a un modo di muoversi in ambienti remoti sempre più virtuale. Una testimonianza la sua controcorrente, che propone di utilizzare mezzi che l’attuale società ipertecnologica ha dimenticato. “Liberi di perdersi” sostiene Michieli. Il limite da tempo è stato da molti dimenticato. La filosofia del “no limits” era nata negli anni ’90. Anche oggi continua a sopravvivere, specie nei social, valida per tutti, bravi e meno bravi. Si assiste all’abbattimento delle barriere suggerite dalla prudenza, su incitamento dei social, che diffondono messaggi a volte fuorvianti e non di rado menzonieri. Vengono diffuse affermazioni categoriche, mentre in molti luoghi reali ci si affanna a parlare di sicurezza. Due situazioni tra loro contradditorie: da un lato l’ossessione per la sicurezza che spinge verso un rigore estremo, dall’altro i social che sdoganano e banalizzano l’estremo.

 I social rivestono un ruolo sempre più rilevante in quanto sono in grado di raggiungere un numero crescente di persone, inclusi i giovani, che sono particolarmente influenzabili e vulnerabili. Servirebbe un controllo dell’informazione circolante nelle piattaforme per evitare il rischio che le notizie che circolano sulle piattaforme siano false e fuorvianti o, peggio, incoraggino a non curarsi del pericolo. Va, poi, sottolineato anche il tema molto complesso e dibattuto del rovesciamento della verità. Non sono molte le persone che hanno la capacità di valutare la credibilità delle fonti, per distinguere con chiarezza la differenza tra il vero e il falso. Commentatori ed esperti improvvisati pullulano nel web. Tema interessante, ma non facilmente risolvibile, almeno non nell’immediato.

Basta usare un’app o fare un clic per poter affrontare con apparente facilità qualunque impresa. La sicurezza in montagna è qualcosa che non può essere comperata. Occorre avere la consapevolezza dell’ambiente che si vuole frequentare.

Pinelli ha proposto ciò che molti anni orsono Kurt Diemberger ipotizzava per la frequentazione di luoghi dove la maggior parte della gente non va, dove vivere il senso di libertà. L’alpinista proponeva di usare filtri che limitano la presenza umana, per esempio quello imposto dalla fatica, dall’affrontare disagi o pericoli. Messner aveva a suo tempo affermato che per fare un passo avanti se ne deve fare uno indietro. Si deve rinunciare a qualcosa. Qualcuno ipotizza la chiusura di alcuni rifugi di montagna o di qualche funivia. Si è parlato di limiti imposti da ordinanze che vietano l’accesso in alcune località. Le chiusure allontanano le persone dal senso del limite. Limitare è giusto, la decisione deve, però, provenire da noi. Servono movimenti culturali provenienti dal basso, meglio se dai giovani tramite educazione, formazione, sensibilizzazione. Occorre agire sulla formazione culturale di ognuno.

Pinelli fa presente che quando nel lontano 1959 aveva preso parte a una spedizione alpinistica in Asia, era rimasto per quattro mesi senza contatti con il mondo. Ora è impossibile o poco accettabile vivere disconnessi. Non si accetta l’isolamento e qualunque posto del mondo, un tempo irraggiungibile, è a portata se non di nave o di aereo, almeno di clic. L’avventura, nel suo significato di avvenimento straordinario è morta. Tutti sono liberi di andare ovunque senza limiti. Per fare un esempio, la valle del Khumbu, un tempo poco frequentata, uno dei trekking più spettacolari del Nepal, ora è devastata da orde di turisti o dal volo di numerosi elicotteri che tutti i giorni la sorvolano. Non è più riconoscibile. L’avvicinamento ai campi base di molte montagne è stato reso più facile dalla costruzione di strade che rendono tutto più raggiungibile. Le bellezze della montagna sono facilmente monetizzabili e diventano preda del marketing.

Difficile è essere ottimisti per quanto riguarda il futuro.

 

11.05.25

 


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